La crisi dell’euro colpisce le banche svizzere

 La Svizzera è da sempre un porto sicuro per gli investimenti, in particolar modo nelle fasi di maggiore turbolenza dei mercati quando gli investitori vanno alla ricerca di una maggiore protezione del loro patrimonio per evitare forti perdite in conto capitale. Non a caso il franco svizzero viene considerato un bene rifugio e la Banca Centrale Elvetica è dovuta intervenire 9 mesi fa per bloccare la discesa del cambio euro/franco, fissando un “peg” a 1,20, per evitare di far crollare la propria economia con una valuta eccessivamente forte.

Tuttavia, l’aggravarsi della crisi dell’euro potrebbe in qualche modo creare problemi anche alla Confederazione svizzera. E’ quanto emerge dalla conferenza stampa del governatore della SNB (Swiss National Bank), Thomas Jordan, che ha chiesto esplicitamente un rafforzamento patrimoniale alle due maggiori banche elvetiche: Credit Suisse e Ubs. Inoltre, Jordan ha ribadito che la SNB si impegnerà con acquisti illimitati di valuta estera per evitare che il cambio euro/franco scenda sotto la soglia di 1,20.

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Secondo la SNB, Credit Suisse e Ubs hanno fatto progressi negli ultimi mesi ma i loro mezzi propri, in grado di assorbire perdite in caso di forti turbolenze sui mercati, restano al di sotto del livello che permette di gestire efficacemente gli stress. Secondo la SNB è necessario un nuovo rafforzamento del patrimonio, ma non si aspetta perdite significative nei prossimi 12 mesi. In base alle norme di Basilea 3, le due banche svizzere sono al di sotto della media internazionale nell’ambito dei tassi ponderati in funzione dei rischi.

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Le due banche hanno risposto alle dichiarazioni dei vertici della SNB. Ubs ritiene di essere la banca meglio capitalizzata in base alle nuove norme relative al rafforzamento dei coefficienti patrimoniali, mentre Credit Suisse ha dichiarato di superare ampiamente le medesime norme e di avere già oggi capitali in eccesso rispetto ai requisiti Finma (organismo svizzero di vigilanza) e Basilea 2.

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