Per Standard & Poor’s l’Italia è a rischio recessione tecnica: crescita zero nel 2008, migliore il 2009

 Dopo Bankitalia, che nel proprio bollettino economico di luglio ha ridotto le stime di crescita per l’Italia allo 0,4%, è arrivato il turno di Standard & Poor’s. La prima agenzia di rating al mondo si è espressa ieri intorno alla economia europea, fornendo le proprie previsioni di crescita per le più importanti economie del vecchio continente. Se Francia e Germania nel 2008 riusciranno a crescere nonostane la crisi (+1,5% Francia; +1,7% Germania), le economie europee con i fondamentali più debole resteranno priticamente ferme. Per l’Italia Standard & Poor’s prevede una crescita dello 0,1%. Sul nostro paese grava inoltre il richio recessione “tecnica”, intendendo con questa espressione una diminuzione dell’economia lungo due trimestri consecutivi. Recessione tecnica prevista anche per Spagna ed Irlanda con la Spagna in particolare che rischia di vedere un tracollo del settore immobiliare e delle costruzioni.

Nonostante i brutti dati macroeconomici in USA non crolla la fiducia

 A luglio negli Stati Uniti è stata registrata un’inflazione record del 5,6% dato in crescita dello 0,8% rispetto a giugno. Fattori determinanti sono stati, come nel resto delle economie mondiali, la corsa del prezzo del petrolio e delle commodities. Sono infatti cresciuti i prezzi di benzina, cibo, energia e trasporti ad una velocità che non veniva toccata dai tempi dell’ultimo shock petrolifero (1991). A complicare il quadro sono intervenuti poi i preoccupanti dati sui pignoramenti, in aumento del 55% rispetto allo scorso anno; sintomo che il mercato immobiliare è ancora lungi dall’assestarsi, così come i conti delle banche, proprietarie di un numero sempre maggiore di case che non trovano acquirenti. Significativo infine il dato sui salari, il cui potere di acquisto è sceso nell’ultimo mese dello 0,8%.

Robin Hood Tax o bufala?

Si attendeva solo che si concretizzasse quanto previsto dalla Robin Hood Tax. In realtà qualcuno comincia ad affermare che si tratti solo di una bufala:

Rischia di pesare troppo su un singolo settore di impresa e di avere effetti negativi per i consumatori.

L’allarme è lanciato da Tullio Lazzaro, presidente della Corte dei Conti, durante l’audizione alle commissioni congiunte Bilancio e Finanze di Camera e Senato su Dpef. Il presidente riconosce il valore degli obiettivi della Robin Tax ma mette in guardia dai rischi.

Da una parte il criterio di tassazione solo di alcuni settori potrebbe rivelarsi un modo per colpire uno specifico segmento imprenditoriale. In sostanza Lazzaro dice che le maggiori tasse per aziende petrolifere, assicurazioni e banche di gas che in questi anni hanno goduto di maggiori incassi, assomiglia troppo a una “punizione” per un solo settore. A questo punto le aziende tassate sarebbero tentate di aumentare i prezzi ed ecco che il peso della Robin Hood Tax ricadrebbe, ancora una volta, sul povero consumatore.

Debito elevato e peggioramento della competitività:quale futuro per l’italia?

Non inducono certo all’ottimismo le parole lanciate dalla BRI (Banca dei Regolamenti Internazionali), l’istituto, con sede a Basilea in Svizzera, che promuove la cooperazione monetaria e finanziaria tra le banche centrali e che, come in questo caso, svolge attività di ricerca economica e monetaria:

In Grecia e in Italia il rapporto debito pubblico/PIL si situava intorno al 100% a fine 2007 e dovrebbe mantenersi elevato in futuro.

si può leggere nella relazione, la quale poi sottolinea che in alcuni paesi dell’area euro ad esempio Italia e Spagna la competitività è peggiorata.

Il debito che rimane elevato da una parte e la competitività che peggiora dall’altra, la crisi è quindi peggiore delle attese. L’allarme era stato lanciato già nel maggio scorso dall’ IMD (International Institute for Management Development), l’istituto svizzero che ogni anno stila la classifica di competitività di 55 paesi in base a 323 criteri economici: l’Italia è scesa dal 42° al 46° posto, venendo addirittura superata da paesi come Romania, Polonia e Brasile.

Opec: il caro greggio deriva dalla speculazione, ma Arabia Saudita annuncia aumento produzione

La speculazione è all’origine del caro petrolio, vicino ai 140 dollari al barile. Ne è convinta la maggior parte dei paesi produttori, che ieri si sono confrontati con gli stati consumatori alla conferenza di Gedda, in Arabia Saudita. Presenti i ministri per l’Energia di oltre 30 paesi. L’Arabia Saudita ed il Kuwait dichiarano che l’Opec dovrebbe aumentare la produzione se il mercato lo dovesse richiedere. L’Arabia Saudita ha infatti deciso di aumentare ulteriormente, entro luglio, la propria produzione di greggio, portandola a 9,7 milioni di barili il giorno: lo ha annunciato re Abdullah in apertura dei lavori del vertice di Gedda, dedicato appunto al rincaro dei prezzi petroliferi e alle sue conseguenze.