ENI scopre nuovo giacimento in Timor

L’ Eni ha scoperto un nuovo giacimento petrolifero. Siamo nel mare di Timor, in un’area posta sotto l’amministrazione congiunta di Australia e Timor Est, perforando ad una profondità di 3.658 metri, si evidenzia una significativa presenza di idrocarburi. Secondo le prime stime, il giacimento potrebbe avere una capacità estrattiva di 6100 barili al giorno, un barile corrisponde a 159 litri di greggio. Eni nel settore interessato è operatore con una quota del 40 per cento insieme a Inpex col 35% e Talisman Resources col 25%. Con questa filosofia Eni comincia la rincorsa dopo un 2007 che ha deluso in Borsa: una valutazione a sconto di circa il 20% rispetto alla media dei concorrenti e negli ultimi 6 mesi la performance è stata negativa del 10% (8% rispetto al resto del settore). Pesano una riduzione del 3% nella produzione annuale di idrocarburi e la difficoltà di rimpiazzare le riserve.

Il mercato dei biocarburanti

Quando parliamo di fonti di energia alternative pensiamo subito all’energia eolica, ai pannelli solari o anche al nucleare. Ha buone prospettive di crescita però anche il settore dei biocarburanti (Bill Gates nel 2007 ha scelto di investire in questo settore 84 milioni di dollari), che non sono altro che propellenti ottenuti da biomasse come grano, mais, bietola, canna da zucchero ed altri. Si tratta di un’energia rinnovabile a tutti gli effetti perchè non contribuisce all’effetto serra, anche se molti ambiantalisti ne hanno sottolineato lo svantaggio di togliere campi alla coltivazione di alimenti e dil conseguente aumento del prezzo dei cereali.

Tra le aziende italiane che producono troviamo Snia che ha da poco scelto di puntare sul biodiesel e sul bioetanolo. Snia basce come azienda chimica ma nel 2007 ha ottenuto da Polimeri Europa la concessione dei diritti esclusivi di vendita di alcuni prodotti biofuel. Inoltre ha concluso un aumento di capitale da 42 milioni di euro per avviare il nuovo settore.

Trading on line: le offerte di Fineco, Iwbank, Directa e Banca Sella

Sebbene in Italia il trading on line sia ancora poco diffuso in paragone ad altri paesi, rappresenta potenzialmente “il futuro”. Non basta però avere una connessione Internet ed un computer per acquistare e vendere covered warrant ed azioni di ogni tipo: è necessario anche stipulare un abbonamento con una delle banche che offre questo tipo di servizio. Vedremo quali servizi di trading on line sono più convenienti.

Prima però è importante sapere alcune cose. Con Internet non “entriamo” direttamente in borsa, bensì usufruiamo di un intermediario che è in pratica il sito che scegliamo di usare per cui ci sono delle commissioni da pagare, che possono essere più o meno convenienti.

Inoltre dobbiamo avere un conto corrente presso la società di trading on line tramite la quale operiamo in Borsa ed anche qui le condizioni e i costi possono variare a seconda della scelta.

Dollaro debole: i pro e soprattutto i contro

Così funzione per chi vuole investire in immobili e sceglie le case americane, ma anche per le società. Nel 2007 le acquisizioni di aziende e società italiane nel mercato statunitense hanno varcato la soglia dei 7,7 miliardi di euro, segnando un incremento del 32% rispetto al 2006.

L’occasione è stata colta al volo dalla Fiat, così come Finemaccanica, che inaugura uno stabilimento a Philadelphia, o Enel, che ha impiantato in Texas la sua più grande central di energia eolica. Questi sono solo alcuni degli esempi più recenti.

Paradisi fiscali: rischio o opportunità?

I Paradisi fiscali sono particolari zone geografiche in cui il regime di tassazione è molto basso o nullo. In genere questo trattamento è riservato ai non residenti con lo scopo di attrarre gli investimenti ed i risparmi di questi ultimi. I liberi cittadini in questo modo trovano un rimedio per sfuggire alla voracità del fisco uscendo dall’ambito strettamente nazionale per rifugiarsi in luoghi sicuri, per sé e per il proprio capitale, per i propri investimenti e per il proprio futuro.

 

L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) ha pubblicato una lista di 35 paesi considerati paradisi fiscali, minacciandoli di sanzioni se non provvedono a riformare il loro sistema fiscale. I 35 paradisi fiscali sono accusati dall’OCSE di praticare una concorrenza fiscale pregiudizievole, cercando di attirare i privati e le società che vogliono evitare di pagare imposte nel proprio paese. La lista comprende Andorra, Anguilla, Antigua e Barbuda, Aruba, Bahamas, Bahrein, Barbados, Belize, isole Vergini britanniche, Guernesey, isole Cook, Dominica, Gibilterra, Grenada, l’isola di Man, Jersey, Liberia, Liechtenstein, Maldive, isole Marshall, Monaco, Montserrat, Nauru, Antille olandesi, Niue, Panama, Saint-Kitts e Nevis, Sainte-Lucie, Saint-Vincent e Grenadine, Samoa occidentali, Seychelles, Tonga, isole Turk e Caicos, isole Vergini americane, Vanuatu.

Certificates, cosa sono e come sfruttarne le potenzialità

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un vero e proprio boom di strumenti finanziari per i piccoli risparmiatori: etf in euro e dollari, fondi comuni e certificates. Questa volta cercheremo di capire cosa sono i certificates.

Gli Index Certificates sono strumenti di gestione che permetteno di aumentare il livello di diversificazione del nostro portfolio, diminuendo il livello di rischio e si proprongono in alternativa agli Etf e ai fondi comuni. Esiste un apposito mercato in cui vengono trattati questi strumenti finanziari ed è il Sedex.

L’esplosione dei certificate è dovuta al fatto che siano strumenti derivati che però sono accessibili anche ai piccoli investitori. Questi possono tramite un certificate e con piccole somme di denaro (anche solo poche centinaia di euro) su un’ampia gamma di titoli, azionari ma anche commodities.

Oro, capirne il valore ed investire

Nuovo record per l’oro! Il metallo prezioso trainato dalla debolezza del dollaro (anche questo ha stabilito un nuovo record: euro sopra 1,53) è venduto a 995,20 dollari l’oncia. Cerchiamo di capire bene una volta per tutte quanto è un’oncia e come è quotato l’oro.

L’oro può essere quotato al grammo o all’oncia. Un’oncia corrisponde a 31,1035 grammi. Nel 2001 un’oncia d’ora sarebbe costata 250 dollari; da allora ad oggi, in soli 7 anni, il prezzo dell’oro è praticamente quadruplicato. Da sempre questo metallo è stato sfruttato per il suo valore nel tempo come riserva monetaria o bene rifugio, soprattutto nei momenti di crisi della valute. Rispetto al tasso di inflazione il valore dell’oro è incredibilmente rimasto stabile nel tempo, il suo valore però è stabilito, come per altre commodities, dal rapporto domanda-offerta.

Essendo considerato un bene rifugio nei momenti di difficoltà dei mercati il suo prezzo tende a salire. Per capire meglio se nel 2001 io avessi acquistato 100 grammi di oro li avrei pagati 806 dollari circa. Otto anni dopo, oggi quindi, i miei 100 grammi di oro conservati in una bella cassetta di sicurezza, hanno un valore pari a 3’200 dollari circa: un incremento mica male se si considera che l’investimento di partenza era di soli 800 dollari circa.

Conto Arancio e le sue concorrenti: dov’è la convenienza?

Conto Arancio è un conto corrente un po’ particolare della banca olandese ING Direct. Una delle caratteristiche principali di questa banca è la scelta di non essere presente fisicamente: non dotandosi di sportelli e filiali Ing Direct da un taglio netto ai costi il chè le permette (o le permetteva?) di proporre offerte più vantaggiose delle altre banche.

Ing Direct è sbarcata sul mercato nel 2004 e a suo merito va detto che ha dato una vera e propria smossa al banking on line in Italia. Conto Arancio è un deposito di risparmio che consente ai correntisti un alta remunerazione. I costi operativi della banca sono ridotti allo 0,50% ma dal momento del suo arrivo in Italia ad oggi le offerte concorrenti si sono moltiplicate. L’Osservatorio Finanziario ha steso un rapporto sui conti correnti on line per il 2008 e ne prevede il boom.

Samsung e Sony investono in schermi piatti, Canon acquisisce Hitachi. Antitrust sospetta cartello

La Samsung è un’azienda multinazionale nata nel 1969 nella Corea del Sud, essa produce elettronica di consumo. Il gruppo possiede filiali in 58 paesi e più di 208.000 dipendenti. La Sony venne fondata il 7 maggio 1946 a Tokyo, il nome della società era allora Sony DL Corporation ed i dipendenti erano venti circa. Sony è oggi uno dei più grandi gruppi economici del Giappone e del mondo, presente nei settori dell’elettronica di consumo, della comunicazione e dei servizi finanziari. Samsung e Sony investiranno insieme circa 1,9 miliardi di dollari in una nuova linea di produzione di schermi piatti, in virtù delle forti prospettiva di crescita per il mercato di televisioni a cristalli liquidi. La settimana scorsa, la giapponese Sony ha dichiarato l’intenzione di acquistare un terzo del nuovo impianto per la costruzione di schermi a Lcd da 3,5 miliardi di dollari che Sharp sta costruendo.

Brasile: rallenta la Borsa, è ora di investire nel mercato immobiliare?

Secondo l’indice Msci (Morgan Stanley Country Index) dei mercati emergenti il Brasile ha superato la Cina registrando una capitalizzazione di mercato di 509,10 miliardi di dollari (14,95%) contro i 481,80 (14,15%) del paese asiatico.

Le importazioni hanno dato un’accelerata improvvisa negli ultimi mesi passando dal +40% di novembre al +46,9%. Nel mese di gennaio le importazioni dei beni di investimento sono salite del 56,9% rispetto al 2008; a favorire questo trend il deprezzamento del dollare rispetto al Real, la valuta brasiliana, che permette alle aziende brasiliane di acquistare strumenti tecnologici innovativi e migliorare la propria azienda.

Nel frattempo secondo gli analisti di Citigroup però la Borsa brasiliana subirà un brusco rallentamento in questi primi mesi del 2008. Nel 2007 con 63 nuove quotazioni le aziende hanno raccolto in totale 30,8 miliardi di dollari di capitali contro i 14 milioni ottenuti con la sola Ipo che c’è stata da metà dicembre ad oggi. Questo sarebbe dovuto alla volatilità del mercato a causa del quale gli ultimi titoli quotati hanno registrato un calo in media del 6,4%.

Il risparmio gestito on line non decolla

E’ cresciuta nel 2007 l’offerta di fondi on line ma a tale incremento non è corrisposto l’aumento del numero di clienti che ne usufruisce. Dal 2006 ad oggi, nonostante siano aumentati sia i fondi disponibili che il numero delle Società di Gestione, i clienti del banking on line sono rimasti quelli del 2006: meno del 10% dei clienti di banche on line sfrutta la possibilità di consultare i propri fondi.

Sono quattro gli istituti bancari che offrono questo tipo di servizi con una diverisificata gamma di prodotti multimarca: Fineco, Iwbank, Banca Sella e Webank. Tutte e quattro hanno aumentato considerevolemnte il numero di fondi offerti nell’ultimo anno, soprattutto le prime due. Fineco è passata da 1000 a 2400 (+140%), Iwbank da 1400 a 2000 (+35%), mentre le altre due hanno una gamma di prodotti molto inferiore come quantità.

Come abbiamo detto però il numero di coloro che utilizzano i servizi on line per il risparmio gestito rimane sui 400 mila. Questo è quanto emerso dalla ricerca trimestrale Digital Finance, in cui si analizzano anche le possibili motivazioni. Una di queste sarebbe legata alla poca trasparenza. I player che non offrono multimarca sono decisamente “indietro” su questo versante, con siti carenti di informazioni, al contrario dei quattro player multimarca , i cui siti web rispondono abbondamente a questa esigenza.

Hsbc si salva dai mutui subprime grazie ai paesi emergenti

Il colosso bancario ha annunciato profitti in crescita. Con un utile in salita del 17,9% rispetto al 2006 sembra che la crisi dei mutui subprime non abbia colpito la Hsbc, la terza banca del mondo e prima in Europa per capitalizzazione. Nello specifico la banca britannica ha registrato un utile per aziono di 1,65 euro, un utile pretasse di 24,2 milioni di dollari (+10%) ed un utile operativo a 13,6 milioni (+21%).

Un tale incremento del profitto è dovuto principalmente all’attività nei mercati emergenti, soprattutto nell’area asiatica, dove i profitti sono cresciuti del 70%. In questo dato non è stata ovviamente calcolata Hong Kong, sede del gruppo bancario fino al 1991, e fonte di guadagni per almeno il 22%. Esclusa quest’area va comunque detto che la maggior parte dei suoi ricavi provengono dall’estero e solo una piccola parte dalla Gran Bretagna.

Eni-Pdvsa: accordo strategico per lo sviluppo di un’area petrolifera in Venezuela

Il ministro dell’energia e del petrolio del Venezuela e presidente della compagnia nazionale venezuelana Pdvsa, Rafael Ramirez, e l’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, hanno firmato in questi giorni a Caracas, alla presenza del ministro degli Esteri italiano Massimo D’Alema, un importante accordo strategico per lo sviluppo di un’area petrolifera nella faja dell’Orinoco, che e’ il piu’ grande deposito di idrocarburi pesanti mai scoperto al mondo con una quantita’ di olio in posto pari a 1.300 miliardi di barili e ingenti riserve, al momento valorizzate solo in piccola parte (la produzione attuale e ‘ di circa 600mila barili di olio al giorno). L’accordo tra Eni e Pdvsa riguarda “Junin 5“, uno dei blocchi petroliferi più promettenti della Faja. Junin 5 è situato nello stato di Anzoátegui, all’incirca 550 chilometri a sud-est di Caracas, e si sviluppa su un’area di circa 670 chilometri quadrati: all’interno del blocco sono stimate risorse potenziali per miliardi di barili, già confermate da numerosi pozzi esplorativi. Eni e Pdvsa hanno concordato di eseguire congiuntamente gli studi necessari per la determinazione delle riserve dell’area e lo schema di sviluppo più idoneo.