Italease: rinnovato patto parasociale

Il rinnovo di un anno del patto parasociale di Banca Italease conferma il ruolo degli attuali soci quali azionisti stabili di riferimento e partner per lo sviluppo. É stata ribadita la garanzia a sostenere finanziariamente Italease,
anche se l’istituto si e’ impegnato a cercare autonomamente altre forme di founding. Il Patto di stabilita’ dell’istituto di leasing era in scadenza il 28 aprile prossimo e, senza cambiamenti sarebbe stato tacitamente rinnovato per tre anni (il patto era stato firmato il 28 aprile 2005, con decorrenza dal 6 maggio 2005). I soci, invece, hanno deciso di dare una nuova configurazione al Patto, rinnovandolo per un solo anno, fino al 28 febbraio 2009 appunto. Banca Popolare di Milano vuole assolutamente restare tra i soci di Italease. Se non si riuscirà a trovare un azionista strategico da qui a un anno, ha affermato il direttore generale della Pop Milano Fabrizio Viola,

si andrà avanti così, rimaniamo per sostenere la banca come abbiamo fatto fino ad adesso anche se siamo talmente piccoli che contiamo poco. L’azienda funziona e mi sembra che l’attuale management stia facendo un ottimo lavoro e quindi, va sostenuto.

Investire in ciò che si conosce, la strategia di Peter Lynch

Peter Lynch è comunemente definito uno dei più grandi investitori al mondo, insieme a Warren Buffet. Nato nel 1944, all’età di 22 anni (grazie alle conoscenze maturate quando lavorava come caddy in un Country Club) venne assunto presso la società Fidelity Investments e, dopo qualche anno di gavetta, fu messo a gestire il fondo Magellano, il quale aveva 18 milioni di dollari di capitale.

Lynch ha gestito questo fondo per 13 anni, alla fine dei quali il suo valore era arrivato a 13 miliardi di dollari. Insieme a Buffett è adesso considerato uno dei “saggi” della finanza ed i suoi “mantra” guidano gli investimenti di molti a Wall Street.

Il suo più celebre motto era semplicemente “investite in ciò che conoscete“. Questo secondo lui deve assolutamente essere il punto di partenza; quello in cui uno investe deve essergli talmente chiaro da poterlo spiegare in pochi minuti anche a chi non è del settore. Anche la scelta stessa delle aziende su cui investire deve seguire il solito principio:

scegliete dei business che anche un idiota potrebbe gestire,

preferisco investire in una catena di motel che in comunicazioni satellitari.

Molmed, la ricerca sui tumori si quota in borsa

Si conclude oggi il collocamento in Borsa di Molmed che sarà quotata dal 5 marzo. Molmed è la società di biotech creata dal San Raffaele di Milano e si occupa della ricerca sui tumori. Per il settore delle cure oncologiche si prevede infatti una buona espansione nei prossimi anni con la commercializzazione di cure innovative che, secondo le stime, nel 2009 potrebbero raggiungere vendite per 70 miliardi di dollari.

Molmed ha già creato ben cinque prodotti, di cui tre sono in fase di sperimentazione avanzata, ma la loro commericializazzione appare ancora lontana. Questo potrebbe rappresentare il suo punto debole dal momento che finora i ricavi, ovviamente legati alla commercializzazione dei risultati dela ricerca scientifica, non sono arrivati.

Secondo quanto rivelato da Marina del Bue, direttore generale del gruppo, i farmaci saranno immessi sul mercato nel 2012 ed a quel punto arriveranno gli utili per Molmed, che nel 2007 ha accumulato ricavi per due milioni a fronte di una perdita netta dai 7 ai 10 milioni di euro.

Geox: risultato netto di 123 milioni, ma crollano le azioni

Durante un viaggio in Nevada, poco più di 10 anni fa, Mario Moretti Polegato decide di fare una passeggiata. Infastidito dal surriscaldamento dei piedi causato dalle scarpe con le suole gomma che indossava, fora entrambe le suole di gomma con un coltello. Ecco le origini della “scarpa che respira”. Successivamente Moretti Polegato lavora nei laboratori di una piccola azienda calzaturiera di proprietà della famiglia, mette a punto la tecnologia per le suole in gomma e la brevetta immediatamente.

Oggi il gruppo Geox prevede di raddoppiare il numero di negozi monomarca nei prossimi tre anni, passando dai 724 Geox shop di fine 2007 ai circa 1500 nel 2010. Solo nel 2008 sono previste circa 300 aperture, di cui 40 in Italia e 90 nel resto d’Europa, secondo quanto dichiarato l’amministratore delegato del gruppo Diego Balzanello durante la conferenza stampa di presentazione dei conti 2007 e degli obiettivi 2008-2010. Geox chiude il 2007 con ricavi in crescita del 26% a 770,2 milioni e con un risultato netto di 123 milioni (+26%). Nel corso dell’esercizio l’ebitda è stato di 200,9 milioni (+31%), l’ebit di 179,7 milioni (+33%). La posizione finanziaria netta positiva passa dai 78,2 milioni del 31 dicembre 2006 ai 106,8 milioni del 31 dicembre 2007. Il free cash flow del 2007 è positivo per 74,1 milioni (56,6 mln nel 2006).

Immobili statunitensi in saldo per gli europei

Il collasso dei prezzi della case negli Stati Uniti sta macinando un record dopo l’altro, calando ancora dell’8,9% rispetto allo scorso anno. Mai nei 20 anni di storia dell’indice dei prezzi delle case statunitensi si era assistito ad un tale ribasso. Nel biennio 1990-91, quando ci fu una recessione nei prezzi delle case l’indice segnò un ribasso del 2,8%. Anche l’inflazione statuntense batte un colpo, salendo nel mese di gennaio più del previsto: +0,4% contro l’atteso 0,3%. Negli ultimi 12 mesi è salita del 4,3%, con il conseguente aumento dei prezzi dei beni alimentari e dell’energia.

Il calo dei prezzi delle case va di pari passo con l’aumento dei tassi di interesse e sono sempre di più coloro che non riescono a pagare le rete del mutuo. Nel mese di gennaio infatti abbiamo assistito ad un vero e proprio boom dei pignoramenti (+90%).

Nel frattempo anche l’euro segna un record oltrepassando la soglia psicologica dell’1.50 nei confronti del dollaro. Tutti questi fattori spingono gli europei ad investire comprando case negli Stati Uniti.

Industria del risparmio gestito: gli italiani scelgono hedge, fondi flessibili e fondi di liquidità

Secondo quanto rivelato da Assogestioni, la raccolta fondi del 2007 si è chiusa in rosso. Sono stati registrati deflussi complessivi per 24 miliardi di euro solo nell’ultimo trimestre, portando così a -52,4 miliardi il conto totale dell’anno. Il patrimonio dei fondi totale quindi risulta in calo del 5,8% rispetto al 2006 e si ferma a 618,3 miliardi di euro.

Il segno “più” però resta, almeno per quanto riguarda tre categorie: i fondi flessibili, i fondi hedge ed i fondi di liquidità.

Dei fondi hedge ma abbiamo già parlato spesso, ma vediamo cosa sono i fondi flessibili ed i fondi di liquidità, che tanto successo stanno riscuotendo. I fondi flessibili sono difficili da inquadrare in una categoria; lasciano ampio spazio di gestione all’investitore che può investire in azioni e subito dopo in obbligazioni. Questo tipo di fondi però non sono nè azionari, nè obbligazionari, nè bilanciati e non è possibile individuarne il parametro di rischio.

Commodities agricole per diversificare il proprio portfolio

Cosa sono le commodities? Sono semplicemente le materie prime, come petrolio e metalli preziosi, ma anche legname, cereali e prodotti “tropicali”( caffè e cacao). Il trading delle commodities segue le stesse regole del mercato azionario, con la sola differenza che le tendenze sono generalmente più chiare e soprattutto più durature.

Da qualche anno a questa parte gli investitori hanno scoperto questo tipo di investimento per diversificare il proprio portfolio. Complice la crisi dei mercati le materie prime ora stanno correndo, e non solo petrolio e metalli preziosi, che hanno stabilito un record dopo l’altro.

I crolli improvvisi tipici del mercato azionario sono più rari e facili da prevedere sulle commodities, le quali sempre più rappresentano un rifugio per tutti gli investitori, da quelli professionisti ai retail. Il pericolo però per quanto riguarda petrolio e metalli preziosi è che il grande rialzo ci sia già stato e che grossi ritorni potrebbero non arrivare se non a lunghissimo termine, perchè allora non guardare al mercato delle commodities agricole?

Fondi comuni di investimento: crisi nel Belpaese, riunioni a Bankitalia

I Fondi comuni di investimento sono dei patrimoni gestiti da apposite società (Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio, OICR) che appunto gestiscono (investendolo in strumenti finanziari) un patrimonio autonomo, quindi separato da quello della società di gestione del risparmio (SGR), da quello dei singoli partecipanti e da qualsiasi altro patrimonio gestito dalla stessa SGR, diviso in quote, di pertinenza di una pluralità di partecipanti. Tali fondi possono essere: aperti e chiusi. Quando il fondo è aperto il risparmiatore può a ogni data sottoscrivere ulteriori quote del fondo o richiedere il rimborso parziale o totale di quelle già sottoscritte. Invece l’ammontare del fondo chiuso è predeterminato ed il termine massimo di sottoscrizione è stabilito in un anno, la durata dello stesso deve essere predefinita (massimo 30 anni) e le quote non possono essere riscattate prima della scadenza.

Cosa significa tutto questo? Significa che Pinco e Pallino, avendo a disposizione una certa quantità di denaro, decidono di investire per far lievitare quanto già posseggono, ma siccome non hanno molta dimestichezza con i mercati finanziari, si affidano a dei professionisti, che effettueranno per loro conto, un’ottima gestione. Almeno si spera. Perché magari mentre Pinco ha avuto il suo bel gruzzoletto in eredità da una vecchia zia d’oltreoceano sbucata e deceduta all’improvviso, Pallino i suoi soldi se li è sudati tutta una vita ed essi sono il frutto di anni e anni di lavoro. Entrambi comunque, aldilà di quale sia stata la fonte del loro denaro, hanno il sacrosanto diritto di essere tutelati. Quali sono quindi le garanzie per i due amici? Innanzitutto la SGR ha obblighi di corretta gestione, di informazione e rendiconto verso i sottoscrittori, i nostri amici quindi saranno costantemente informati dell’evoluzione dell’investimento. Inoltre sui soggetti abilitati alla gestione vigilano: la Banca d’Italia, in merito al contenimento del rischio e alla stabilità patrimoniale della società di gestione e la Consob che assicura la trasparenza e correttezza dei comportamenti e dei mercati e la tutela degli investitori.

Hedge Funds per tutti in Gran Bretagna

Gli Hedge Funds, che tanto sono stati al centro dell’attenzione negli ultimi tempi perchè accusati di aver dato il via alla crisi dei mutui subprime, nascono come “limited partners”, prodotti finanziari riservati ad una nicchia di persone, ultra-ricche, che si potevano permettere di perdere grandi quantità di denaro, e questo ha sempre reso possibile la loro non regolamentazione e conseguente poca trasparenza.

Dopo la loro incredibile crescita degli ultimi anni in sempre più paesi anche l’investitore retail (l’investitore non professionale e quindi meno esperto) può scommetere su questo tipo di fondi. In Germania è possibile già da qualche annno, mentre in Gran Bretagna era possibile solo acquistare fondi comuni di investimento che seguivano gli hedge funds e non investirci direttamente.

Call center in Romania: le aziende italiane si trasferiscono all’estero

Chiami il centralino, rispondono in Romania: il call center ora parla rumeno. Le aziende desiderano diventare più competitive riallocando alcune attività nei paesi emergenti. Precisamente i benefici dell’ outsourcing in Romania
sono: personale preparato e con un’ottima padronanza della lingua italiana, basso turn-over ed elevata scolarità (i romeni che lavorano nei call center sono spesso studenti universitari), costi contenuti. Spostare un call center in romania costa praticamente nulla, convogliando le telefonate negli altri stati via VoIP e prendendo personale locale pagato molto meno che in italia dopo un breve tirocinio. È questo l’offshoring o meglio la localizzazione di servizi in Paesi dove il costo del lavoro è nettamente inferiore e nei prossimi anni , si stima che ancora più aziende trasferiranno i call center all’estero. La “pacchia”, oltre che delle aziende di call center, è anche di tutte le società che ne fruiscono i servizi dimezzando in questo modo i costi.

Tar respinge sospensiva Alitalia Air France: AirOne non si arrende e presenta ricorso

Il Tar del Lazio ha respinto la richiesta sospensiva urgente che accompagnava il ricorso di AirOne dopo aver ritenuto che non sussistono i presupposti per l’accoglimento dell’istanza cautelare, sia per la carenza di elementi dell’irreparabilita’ del danno, sia per la mancanza di fumus boni iuris ovvero la convinzione della possibilità dell’esistenza di un buon diritto circa l’esito finale della causa.

Ma cosa c’era sul piatto? Le varie prese di posizione delle istituzioni interessate alla privatizzazione di Alitalia : da una parte il ministro del Tesoro Tommaso Padoa Schioppa e AirFrance che accelerano e sembrano intenzionati a chiudere il prima possibile la cessione di Alitalia ai francesi, dall’altro lato Formigoni e le altre istituzioni lombarde si aggrappano all’ultima proposta di AirOne e lottano contro l’esclusività della trattativa in corso tra Alitalia e Air France. Per Alitalia, infatti, non si tratta di una vendita di una società privata, ma di un’azienda il cui azionista di riferimento è pubblico e quindi criteri e modalità devono essere resi noti con trasparenza e con pieno diritto di AirOne di presentare una proposta vincolante seria ed affidabile. Airone aveva infatti chiesto di sospendere la trattativa in esclusiva con Air France accusando Alitalia e il ministero dell’economia di aver violato i principi che regolano le dismissioni di beni pubblici.

Sud Africa: Mondiali e metalli preziosi, ma non solo

Continua il nostro “giro del mondo dei mercati”. Qualche giorno fa abbiamo cercato di capire se l’Africa stesse incominciando ad alzare la testa e se fosse giunto il momento di investire nel continente nero. Il paese africano che però la testa l’ha alzata già da molto tempo è il Sud Africa. Vedremo quali opportunità offre e se può essere considerato un “paese emergente”.

Il Sud Africa ha ormai una stabilità ed una credibilità tale da poter essere visto come un paese già “emerso”: la sua economia ha giovato, e giova tuttora, delle risorse che possiede in particolare metalli preziosi, come oro e platino, di cui è il maggior estrattore mondiale, e diamanti. In passato la sua economia era totalmente legata a questo settore, mentre ora grazie ad una maggiore diversificazione verso l’agricoltura, il settore finanziario ma anche il settore manifatturiero, sembra esservi meno intrecciata.

Malesia, una scommessa vincente per il 2008?

Un inizio 2008 non positivo per i listini asiatici: l’Msci Far East ha perso il 14% sulla scia dei timori per la recessione Usa e il susseguirsi di “cattive notizie”. In uno scenario al ribasso la Malesia ha invece registrato una performance positiva, risultando il listino più difensivo. Spesso sottovalutato, questo paese non è da tenere d’occhio solo come meta di viaggi, ma anche per la sua economia altamente industrializzata e con un tasso di crescita del Pil del 6,3% nel 2006 e del 5,9% nel 2007.

Specializzata in produzione di componenti elettroniche ed assemblaggio veicoli, nel’ultimo anno ha anche registrato una crescita del settore dei servizi del 9,6%. La produzione industriale resta comunque il settore trainante, grazie anche all’aumento costante degli investimenti privati.

Il governo ha cercato negli ultimi anni di favorire la crescita degli investimenti stranieri, aumentando le agevolazioni e gli sgravi fiscali. I soggetti stranieri ad esempio possono acquistare fino al 70% dei trust di investimento immobiliare come di compagnie generali di gestione fondi.

Q-cells primo produttore mondiale di fotovoltaico, in attesa dei risultati di Suntech

La rivista mensile Photon International si occupa nel mese di marzo del mercato mondiale del fotovolataico, un mercato in continua e repentina crescita, da cui è possibile aspettarsi sorprese. Infatti la giapponese Sharp, ex-primo produttore mondiale, ha ceduto il primo scalino del podio per scendere al terzo. A contendersi il primo posto la cinese Suntech e la tedesca Q-cells. I dati non sono ancora ufficiali, ma Sharp dovrebbe aver subito un calo del 16% rispetto al 2006 mentre per Q-Cells si stimava un balzo avanti del 46%, arrivando a raggiungere Suntech a 364 megawatt prodotti nel 2007.

Confermati questa mattina i dati riguardanti la produzione, che anzi si sono rivelati migliori del previsto per la tedesca: +54% di produzione, arrivando ai 389 MW e vendite più che raddoppiate (+59%). Le aspettative per il 2008 sono altrettanto rosee con la produzione che dovrebbe raggiungere i 590 MWp. In attesa dei dati relativi alla cinese Suntech attesi per domani, Q-cells conquista il primato mondiale.