La fusione tra Nippon Oil e Nippon Mining creerà una delle maggiori compagnie petrolifere giapponesi

 Nippon Oil Corp., la più grande compagnia di raffinazione del Giappone e la Nippon Mining Holdings Inc. si sono accordate per formare la terza maggior compagnia giapponese per volume di  reddito: in tal modo sarà possibile tagliare i costi, in un periodo in cui sta crollando la domanda per il carburante. Nippon Mining & Metals Co., una delle unità della Nippon Mining Holdings, possiede ora il 66% della Pan Pacific Copper Co., la maggiore società della nazione asiatica per quanto riguarda la lavorazione del rame. La Nippon Mining sta infatti accelerando i suoi investimenti in questo settore soprattutto in relazione ai paesi del Sud America, in particolare il Cile, al fine di capitalizzare la domanda proveniente dalla Cina.

 

Il titolo della compagnia è cresciuto di ben 29 yen, raggiungendo quota 285 al momento della chiusura della borsa di Tokyo: questa performance rappresenta il guadagno più alto dal 29 ottobre. La nuova società che nascerà da questa unione sarà completamente riorganizzata nel mese di aprile 2010 in tre società controllate (nel dettaglio tali società si occuperanno di raffinazione e vendite, perlustrazione del petrolio e metalli). I tagli del personale verranno considerati solo quando la fusione sarà completata. Tra l’altro, si prevede che la trattativa in questione porterà alla creazione di un’impresa con un reddito di 11,9 trilioni di yen per quanto riguarda l’anno che si concluderà in marzo: ciò darà la possibilità alla nuova compagnia di posizionarsi al terzo posto tra la maggiori società giapponesi, alle spalle della Toyota Motor Corp. e della Honda Motor Co.

Con l’acquisto di Constellation, EDF tenta di espandere i propri affari nel mercato USA

 Electricite de France SA, la più grande società al mondo per quanto riguarda i reattori atomici, si è offerta di pagare 4,5 miliardi di dollari per l’acquisto della metà delle imprese nucleari della compagnia americana Constellation Energy Group Inc., al fine di potenziare la propria espansione nel mercato statunitense e di ostacolare l’offerta concorrente del miliardario Warren Buffett. La proposta in questione include un miliardo di dollari di investimento cash e un’opzione per l’utility statunitense, in modo da vendere a EDF gli assets non nucleari.

Constellation aveva già accettato quest’anno di vendere le sue partecipazioni, per una quota pari a 4,7 miliardi di dollari alla MidAmerican Energy Holdings Co. EDF, che detiene già il 9,5% della società statunitense, aveva avanzato in ottobre una proposta per acquistare l’intera partecipazione. Questa nuova offerta è stata studiata per permettere alla società francese di operare negli stabilimenti statunitensi ed evitare la possibile opposizione alla proprietà straniera dei complessi nucleari. Arnaud Scarpaci, manager della compagnia Agilis Gestion di Parigi, ha così commentato la possible acquisizione:

Sicuramente tale offerta rappresenta un buon affare per le prospettive di lungo termine di EDF negli Stati Uniti. Quest’ultima ha sicuramente un urgente bisogno di accrescere il volume dei propri affari e questo è il periodo più adatto per le acquisizioni.

La BOJ affronta la recessione accettando bond corporativi di rating inferiore

 La Bank of Japan accetterà bond corporativi di grado inferiore come debito collaterale per i prestiti alle banche, al fine di favorire l’accesso ai finanziamenti per determinate imprese: la misura si è resa urgente a causa dell’incombente minaccia di recessione in Giappone. La banca centrale della nazione asiatica comincerà ad accettare solamente rating BBB o superiori per quanto riguarda tali bond a partire dal prossimo 9 dicembre e darà avvio a nuove facilitazioni di prestito per le banche commerciali già da gennaio 2009: tali provvedimenti sono stati specificati dall’istituto creditizio in un meeting a Tokyo. È stato inoltre deciso di mantenere inalterato allo 0,3% il tasso di prestito overnight.

Con i tassi di mercato che sono prossimi allo zero in Giappone e Stati Uniti, il governatore della Bank of Japan, Masaaki Shirakawa e il portavoce della FED, Ben Bernanke hanno cominciato a sperimentare altri modi per fornire il maggior sostegno possibile alle economie dei due paesi. Hideo Kumano, economista del Dai-Ichi Life Research Institute, ha così commentato la notizia:

La Bank of Japan sta tentando di utilizzare tutti gli strumenti disponibili per riassestare l’economia nazionale e per allentare le preoccupazioni relative al mercato. Bisogna ancora vedere in che modo saranno rese effettive le misure odierne per facilitare l’accesso al credito.

Yuan in difficoltà nelle quotazioni: il governo cinese modifica gli obiettivi di intervento

 Lo yuan cinese ha subito la sua peggior perdita da quando il governo della nazione asiatica ha posto fine al tasso di cambio fisso nel 2005: tale declino si verifica pochi giorni prima della visita a Pechino del segretario del Tesoro statunitense Henry Paulson. La valuta asiatica ha perso lo 0,7% dopo che la People’s Bank of China ha stabilito il tasso di riferimento giornaliero al livello più basso dal mese di agosto, spingendo i policy makers ad accentuare il loro favore nei confronti di un deprezzamento valutario al fine di stimolare la domanda per i beni cinesi. Secondo alcuni dati, le manifatture della Cina hanno raggiunto una quota record nell’ultimo mese. Il governo ha deciso di cambiare l’obiettivo su cui focalizzarsi principalmente, passando dal contenimento dell’inflazione al sostegno alla crescita: questo cambiamento è stato reso urgente dal fatto che la Cina, quarta maggior economia mondiale, ha visto crescere la sua economia solamente di 9 punti percentuali nel terzo trimestre, un ritmo di crescita che non si registrava da cinque anni circa.

 

Al riguardo è anche intervenuto il presidente eletto statunitense Obama, il quale ha sottolineato che la Cina dovrebbe mettere un freno alle manipolazioni della valuta nazionale. Dariusz Kowalczik, analista valutario della società cinese CFC Seymour Ltd., ha espresso il suo parere su questa situazione:

Paulson potrebbe restare stupito in maniera poco gradevole dalla sua visita. È molto probabile che il governo attui un cambiamento di politica di intervento. In effetti, senza una moneta così debole, sarebbe molto più agevole raggiungere gli obiettivi di crescita del prossimo anno.

L’Irlanda punta sugli investimenti bancari: in prima fila c’è Bank of Ireland

 Il governo irlandese ha annunciato che esiste una concreta possibilità di poter investire insieme agli altri partiti all’interno sistema bancario nazionale, dato che i prestatori del paese nordeuropeo stanno tentando di rinvigorire il capitale, quasi completamente esaurito dalla crisi finanziaria globale e dalla conclusione del boom nelle proprietà decennali. Come ha fatto sapere Brian Lenihan, ministro delle finanze  irlandese:

In alcune circostanze sarebbe più appropriato per lo Stato, attraverso il National Pensions Reserve Fund o in altri modi, di considerare di integrare gli investimenti privati.

La Irish Association of Investment Managers, i cui dodici membri gestiscono circa 260 miliardi di euro, ha fatto sapere proprio questa settimana di essersi rivolta allo stesso Lenihan a nome delle principali istituzione di investimento, al fine di immettere nuovo denaro nei quattro prestatori pubblici del paese. C’è però da precisare che l’associazione, la quale ha sede a Dublino, non ha precisato di quali istituzioni si tratta. Le banche irlandesi stanno attualmente affrontando un periodo difficile a causa delle crescenti perdite nei prestiti ipotecari e per la caduta del proprio profitto. Mentre il governo ha garantito i depositi e i prestiti per i suoi sei maggiori prestatori, ha posto invece un freno agli investimenti nelle banche da parte degli altri stati europei.

L’Australia stanzia un ingente pacchetto di spesa per istruzione e salute al fine di superare la crisi

 Il primo ministro australiano Kevin Rudd ha annunciato che il governo federale e gli stati si sono accordati per approntare un pacchetto di spesa di circa 15 miliardi di dollari australiani (9,9 miliardi di dollari), al fine di creare di nuovi posti di lavoro: la misura si è resa necessaria per affrontare nel migliore dei modi la crisi finanziaria globale. Il piano, che ha come principali obiettivi i settori dell’istruzione e della salute, consentirà di generare nuovi impieghi per 133.000 persone, come ha tenuto a precisare lo stesso Rudd durante una conferenza stampa a Canberra. Si prevede tra l’altro che i surplus di budget saranno in grado di finanziare nuove spese, in modo da far avviare questo anno fiscale.

Il primo ministro della nazione oceanica ha anche spiegato:

Questo ampliamento di spesa di 15 miliardi di dollari australiani agli stati creerà lavoro e darà un forte impulso all’economia. Esso sarà il piano principale di una nuova agenda di riforme in più settori.

Il meeting di oggi fa parte delle trattative che ogni anno sono approntate dal governo per finanziare gli stati australiani: tra di esse molto importanti sono le allocazioni dalla tassa del 10% su beni e servizi. C’è inoltre da dire che il pacchetto di spesa porta ulteriore denaro (332 miliardi di dollari australiani) per questo e i prossimi tre anni fiscali.

Gli attacchi terroristici di Mumbai aggravano la situazione economica indiana

 I titoli indiani e la rupia, moneta nazionale del paese asiatico, hanno subito delle brusche cadute all’indomani dei terribili attacchi terroristici che hanno provocato la morte di almeno 121 persone nella capitale finanziaria di Mumbai. L’indice BSE-500, il quale rappresenta almeno l’85% dell’intero mercato valutario di Bombay, ha perso circa lo 0,5%: non è andata certo meglio a due importanti aziende dell’India come Jet Airways Ltd. e Kingfisher Airlines Ltd. Per quanto invece riguarda la rupia, c’è stato un calo di 0,9 punti percentuali: c’è anche da dire che i mercati sono stati chiusi ieri. I militanti autori del grave gesto hanno scelto come bersagli principali il Taj Mahal Palace, il Tower hotel e il complesso Oberoi Trident, i quali si trovano non molto lontano dal centro economico di Mumbai.

Secondo Jay Moghe, partner della Asian Alternative Consulting a Singapore:

Ormai quella è diventata una zona di guerra. Nel medio termine, ciò che sta veramente influenzando l’economia dell’India è rappresentato dal rallentamento finanziario globale, in particolare nel settore creditizio.

La rupia è la terza peggior valuta asiatica per quanto riguarda la sua valutazione: tra l’altro, i bond a dieci anni sono scesi fino al loro livello più basso da due anni a questa parte. L’economia indiana è cresciuta comunque del 7,6% negli ultimi tre mesi rispetto a un anno fa, anche se questo rappresenta il tasso di crescita più basso dal 2004, secondo quanto riportato da alcune statistiche del governo indiano.

Stop ai prelievi su hedge funds da parte di Satellite dopo il calo degli asset

 Satellite Asset Management LP, società fondata dagli ex dipendenti del miliardario George Soros, ha posto un freno ai prelievi da parte dei clienti per quanto riguarda i suoi tre maggiori hedge funds: la compagnia ha inoltre provveduto a tagliare più di trenta impieghi dopo che le perdite hanno portato gli asset a circa 4 miliardi di dollari quest’anno. Satellite Overseas Fund Ltd., Satellite Fund II LP e Satellite Credit Opportunities Ltd. hanno perso più di 35 punti percentuali in tutto il 2008: Simon Rayler, legale della Satellite, ha preferito non commentare e non intende svelare quante persone rimarranno nelle direzioni generali della società statunitense a New York o negli uffici di Londra. Satellite provvedeva, tra l’altro, alla supervisione di circa 7 miliardi di dollari per i clienti alla fine dello scorso anno. Più di 75 hedge funds hanno liquidato o limitato i riscatti degli investitori già dall’inizio del 2008: ciò si è verificato perché gli hedge funds hanno dovuto affrontare la difficile crisi finanziaria globale.

Gli investitori hanno prelevato ben 40 miliardi di dollari dagli hedge funds lo scorso mese, mentre le perdite di mercato facevano ridurre gli asset a quota 115 miliardi di dollari, secondo alcuni dati forniti dalla società Hedge Fund Research Inc. di Chicago. Ron Geffner, chef a parte della Sadis & Goldberg LLP, ha così spiegato la situazione:

Se si esclude la volatilità dei mercati, mi aspetto che entro la fine di quest’anno non avremo ancora la percezione del volume di questi riscatti.

Fitch declassa rating della Toyota: critica soprattutto la situazione del mercato USA

 Il rating del debito della Toyota Motor Corp. è stato tagliato dalla società Fitch Ratings: si tratta del primo declassamento negli ultimi dieci anni per quanto riguarda una azienda automobilistica, soprattutto a causa del calo delle vendite di automobili negli Stati Uniti, il quale ha portato a una drastica riduzione dei guadagni della compagnia asiatica. Fitch Ratings ha provveduto a declassare il debito della Toyota di due livelli, passando da AAA a AA, con prospettive negative per la società. Ciò ha avuto delle ripercussioni anche in borsa, dove il titolo della Toyota ha perso ben 4,6 punti percentuali, il maggior declino delle ultime due settimane. Il declassamento del rating del debito ha portato alla crescita dei costi dei prestiti per la compagnia giapponese, ostacolando potenzialmente la sua capacità di offrire prestiti a tasso libero al fine di aumentare le vendite nel mercato statunitense.

Tatsuya Mizuno, direttore di Fitch Ratings, ha così spiegato la decisione della società:

La Toyota sta subendo pesantemente la crisi globale del settore automobilistico. Gli sviluppi negativi in tale industria sono così forti e gravi che anche una delle migliori società come la Toyota non riesce a sostenere a lungo un rating del tipo AAA.

Il taglio alle valutazioni economiche della compagnia asiatica segue quello del 1998, quando la società Moody’s Investors Service ridusse il rating di lungo termine del indebitamento da Aaa a Aal.

Obama preme per la ratifica della Law of the Sea: fa gola il petrolio presente nell’Artico

 La vittoria del Partito Democratico statunitense alle recenti elezioni presidenziali potrebbe velocizzare l’approvazione di un trattato marittimo che permetta ai firmatari di partecipare alle trattative relative al contenimento del petrolio e dei gas depositati nel fondo del Mar Glaciale Artico. Grazie in particolare al sostegno del neo-presidente Barack Obama alla ratifica della Law of the Sea, gli Stati Uniti si stanno avvicinando alle 157 nazioni (tra cui la Russia) che hanno approvato il trattato, secondo quanto affermato da alcuni analisti economici, tra i quali quelli della Century Foundation e Jeff Laurenti. Il Senato statunitense, a cui compete ogni compito relativo alla ratifica dei trattati internazionali, ha comunque a che fare con la stessa situazione che si è verificata negli ultimi anni, quando l’esecutivo Bush ripeteva in continuazione il suo forte appoggio al trattato. Un impulso importante all’esplorazione del Polo Nord era stato dato dal progressivo scioglimento dei ghiacci della regione: tale evento ha infatti portato alla scoperta di nuovi accessi alle aree dell’Artico, le quali contengono circa il 22% di tutto il petrolio e il gas naturale non sfruttati.

 

La Russia, firmtaria del trattato sin dal 1997, ha già fatto uso dell’autorità legale per far valere i suoi diritti sulle ricchezza minerali presenti nella sua piattaforma continentale artica. L’adozione da parte degli Stati Uniti del trattato, che ha cominciato ad avere efficacia a partire dal 1994, potrebbe dunque dare il via ad accesi contrasti per alcune compagnie come la TGS-Nopec Geophysical Co., la quale utilizza le onde sonore per mappare le potenziali aree in cui sono presenti il gas e il petrolio.

 

Aumento di capitale per Standard Chartered: sconto del 49% sull’ultimo prezzo di chiusura

 Standard Chartered Plc, la banca britannica che trae più di tre quarti dei suoi profitti dall’Asia, sta progettando di aumentare di circa 1,8 miliardi di sterline (2,7 miliardi di dollari) il suo capitale al fine di potenziare la situazione finanziaria in previsione di un peggioramento della recessione economica globale. Gli attuali azionisti possono ora acquistare trenta nuove azioni per 91 già detenute a 390 pence ciascuna, secondo quanto affermato dalla banca londinese in una conferenza stampa ad Hong Kong. Questa operazione rappresenta uno sconto del 49% rispetto all’ultimo prezzo di chiusura. Wong Kwok Wai, analista cinese della BOC International Holdings Ltd., si è così espresso al riguardo:

La banca sta assumendo una posizione di sostanziale precauzione nei confronti di uno scenario potenzialmente peggiore di quello attuale. Nel lungo periodo, comunque, Standard Chartered si troverà senz’altro in una posizione migliore.

 

Il direttore generale Peter Sands ha annunciato che l’aumento di capitale fornirà una sorta di “soluzione tampone” per un ambiente che giorno dopo giorno diventa sempre più volatile: l’istituto creditizio inglese sta infatti tentando di sostenere le proprie misure difensive, dato che la crisi finanziaria ha già costretto due altre banche, HBOS Plc e Royal Bank of Scotland Group Plc, ad accettare denaro dal governo del Regno Unito.

Sembra vicina per Lukoil l’acquisizione di una buona partecipazione in Repsol

 OAO Lukoil, la maggiore compagnia petrolifera non statale della Russia, potrebbe acquisire una partecipazione per una cifra superiore ai 6,3 miliardi di dollari nella spagnola Repsol YPF SA, al fine di estendere i suoi investimenti nell’area del Mediterraneo. La Repsol, principale società della Spagna per quanto riguarda la produzione petrolifera, ha tratto beneficio da tale annuncio, guadagnando circa 2,3 punti percentuali alla borsa di Madrid e chiudendo a quota 13,91 euro. La partecipazione viene valutata pari a 5 miliardi di euro, anche se i vertici della Lukoil hanno preferito non commentare. La società russa possiede già alcune raffinerie in Bulgaria e Romania: il direttore generale Vagit Alekperov ha anche concluso un accordo lo scorso giugno secondo cui si impegnava al pagamento di 1,35 miliardi di euro per l’acquisto di una partecipazione in Italia con la ERG spa. Alcuni analisti di JPMorgan Chase & Co. e di ING Groep NV hanno espresso il loro scetticismo sul fatto che la Lukoil possa affrontare un altro acquisto di questo tipo.

 

Alex Kantarovich, che è proprio uno di questi analisti economici, e precisamente di JPMorgan, ha così commentato l’indiscrezione:

Le condizioni attuali e il valore della partecipazione rendono a nostro avviso improponibile e rischiosa qualsiasi trattativa.

Lukoil ha perso circa 4,6 punti percentuali, chiudendo a quota 778,74 rubli, al Micex Stock Exchange, la borsa di Mosca.

 

Nessun taglio dei tassi per BOJ: Shirakawa punta al debito collaterale

 Il governatore della Bank of Japan, Masaaki Shirakawa, ha tenuto a precisare che la banca centrale della nazione asiatica ha intenzione di evitare un ulteriore taglio dei tassi di interesse: l’istituto creditizio asiatico punterà invece a immettere nuovo denaro nel sistema finanziario per fornire un sostegno all’economia. Durante una conferenza stampa, lo stesso Shirakawa ha così commentato la sua manovra ai giornalisti, dopo che il tasso di interesse è rimasto invariato allo 0,3%:

Un altro taglio dei tassi di interesse potrebbe comportare molti effetti negativi per il funzionamento del mercato monetario.

 

Il governatore giapponese ha adeguatamente istruito il suo staff al fine di studiare nuove vie per rendere il denaro disponibile per il prestito, come, ad esempio, l’accettazione del debito come garanzia collaterale. La banca potrebbe ora essere costretta a seguire lo stesso comportamento che è stato adottato dalla Federal Reserve e dalla BCE, le quali hanno ridotto i costi relativi ai prestiti, nel caso la crisi economica globale dovrebbe sfociare in recessione in Giappone. Le cronache odierne mostrano come la seconda maggiore economia mondiale stia lentamente scivolando in una grave recessione in quest’ultimo trimestre e come, conseguentemente, le esportazioni giapponesi siano scese al livello più basso degli ultimi sette anni ad ottobre (a causa soprattutto del calo delle vendite di automobile ed elettronica).

La nazionalizzazione delle pensioni non allontana lo spettro della crisi per l’Argentina

 Il Senato argentino ha approvato un piano promosso dal presidente Cristina Fernandez de Kirchner volto a nazionalizzare circa 24 miliardi di dollari in pensioni private: questa una mossa del governo viene considerata la via giusta per proteggere in maniera adeguata i risparmi dei pensionati dal crollo dei mercati finanziari. La Camera ha votato la scorsa notte il proprio appoggio al piano, al termine di una sessione “fiume” durata 12 ore. Tale progetto di legge era, tra l’altro, già stato approvato dalla Camera Bassa argentina lo scorso 7 novembre. I fondi verranno trasferiti a un’agenzia statale di garanzia sociale, nello specifico la Anses, che dovrà gestirli ed amministrarli. Il senatore Fabian Rios, appartenente al Partido Justicialista (noto anche come Partito Peronista), è stato molto chiaro durante lo svolgimento del dibattito:

La sicurezza sociale non può dipendere dai rischi del sistema finanziario e dalla speculazione.

Il presidente Fernandez, 55 anni, ha annunciato il suo piano al fine di rilevare i finanziamenti alle dieci pensioni private del paese lo scorso 21 ottobre. C’è da sottolineare che le azioni e i bond dell’Argentina hanno fatto sentire gli effetti della loro caduta sugli investitori a tal punto che le finanze del governo sono sotto una forte pressione e si profila un altro rischio di default, sette anni dopo l’azione intrapresa dalla nazione sudamericana per sospendere i pagamenti relativi ai 95 miliardi di dollari di debito.