Le banche dei poveri sono istituti bancari che operano, soprattutto nei paesi del Terzo Mondo, nel campo della microfinanza, erogando servizi finanziari (quali, ad esempio prestiti, gestione del risparmio ed assicurazioni) caratterizzati da importi unitari molto bassi (equivalenti a pochi euro o decine di euro) a soggetti che il settore bancario tradizionale considera non solvibili. L’intuizione di un economista del Bangladesh Muhammad Yunus (il terzo bengalese a ricevere il Nobel) è stata duplice: che i poveri, se hanno una possibilità, sono migliori debitori rispetto ai ricchi. Pagano i debiti con assai maggior coscienza etica dei ricchissimi che, in molti casi, ricorrono alla bancarotta pur di non onorare i propri. La seconda è che, se è vera la prima intuizione, bisogna puntare sui poveri tra i poveri: le donne, ad esempio, segmento sociale reietto e considerato, in molte società, cittadinanza di serie B, bisogna considerare che le donne allevano figli e regolano piccole economie famigliari.
Yunus, il banchiere dei poveri comincia la sua avventura rischiando i primi soldi di tasca propria a metà degli anni Settanta promuovendo una ricerca che studi un nuovo sistema di credito per i contadini poveri della regione. Negli anni il progetto si trasforma nella “Grameen Bank”, la banca rurale dei poveri che presta a tassi agevolati. Tuttavia la politica dei prestiti è esattamente il contrario quella delle normali banche: si può ottenere il prestito solo se si è poveri davvero. L’iniziativa asiatica di Yunus è stato accolta con grande entusiasmo da economisti e premi Nobel, a tutte le latitudini, ed ha permesso a 30 milioni di poveri, in soli vent’anni, di tirarsi fuori dall’indigenza assoluta.