I due referendum sull’acqua non hanno modificato più di tanto la situazione del comparto idrico nel nostro paese. Come ha accertato l’associazione di consumatori Altroconsumo in una delle sue ultime indagini, infatti, l’aumento delle tariffe ha riguardato un po’ tutta Italia, con doppie cifre pericolose in tre città, vale a dire Palermo (+35%), Trieste (+25%) e Roma (+21%), una situazione che si può riscontrare anche in altri comuni. Una leggera stabilità dei prezzi, invece, è stata riscontrata a Catania, Potenza e Brescia. Come risultata da questa stessa analisi, inoltre, Firenze risulta essere la città in cui vi sono i prezzi più cari a parità di consumi, ovvero circa 503 euro all’anno; seguono a non molta distanza Arezzo, Pesaro e Pisa.
Al nord, poi, nonostante gli incrementi, le tariffe sono ancora convenienti, se così si può dire. In aggiunta, è impietoso persino il confronto tra regioni settentrionali e meridionali, con le prime nettamente più esigenti da questo punto di vista (371 euro annui contro 254). La situazione è forse risolvibile? Altroconsumo ha suggerito di introdurre un numero maggiore di regole in questo segmento, anche perché l’Italia è stata finora caratterizzata da una carenza grave di controlli centralizzati in merito all’efficienza della gestione, dato che in questo campo è più che mai necessario monitorare costantemente il corretto funzionamento di ogni aspetto. Il problema serio è rappresentato dal fatto che le bollette sono aumentate in diverse città e la stessa sorte potrebbe toccare a breve anche alle altre.
Tra l’altro, si sta ipotizzando un ampliamento dei poteri dell’Agenzia Nazionale, un ente che dovrà essere dotato di autorevolezza e indipendenza per la corretta applicazione delle tariffe ed evitare che anche in futuro si verifichino rincari di questo tipo. Un’accusa forte viene mossa da molti movimenti per l’acqua contro il Decreto Ronchi, riproposto all’interno della manovra estiva e destinato a rendere vano il voto dei referendum.
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