Debito elevato e peggioramento della competitività:quale futuro per l’italia?

Non inducono certo all’ottimismo le parole lanciate dalla BRI (Banca dei Regolamenti Internazionali), l’istituto, con sede a Basilea in Svizzera, che promuove la cooperazione monetaria e finanziaria tra le banche centrali e che, come in questo caso, svolge attività di ricerca economica e monetaria:

In Grecia e in Italia il rapporto debito pubblico/PIL si situava intorno al 100% a fine 2007 e dovrebbe mantenersi elevato in futuro.

si può leggere nella relazione, la quale poi sottolinea che in alcuni paesi dell’area euro ad esempio Italia e Spagna la competitività è peggiorata.

Il debito che rimane elevato da una parte e la competitività che peggiora dall’altra, la crisi è quindi peggiore delle attese. L’allarme era stato lanciato già nel maggio scorso dall’ IMD (International Institute for Management Development), l’istituto svizzero che ogni anno stila la classifica di competitività di 55 paesi in base a 323 criteri economici: l’Italia è scesa dal 42° al 46° posto, venendo addirittura superata da paesi come Romania, Polonia e Brasile.


I motivi di questa pericolosa discesa sono dovuti soprattutto al calo della crescita economica, in particolare l’Italia deve provvedere maggiormente a promuovere infrastutture e innovazione. Come detto è soprattutto la scarsa crescita dell’economia che rende il Belpaese così poco competitivo. Il rapporto da debito pubblico e PIL rimane ancora troppo elevato, se si pensa che uno dei requisiti economici per entrare nell’UE era proprio di assestare questo indice (che confronta la somma dei deficit accumulati nel paese negli anni con la sua produttività) al 60%: dal 1996, anno in cui il rapporto debito/PIL raggiunse il picco del 124%, c’è stata una lenta discesa che ancora oggi non produce miglioramenti.

Tutti questi effetti si combinano pericolosamente con l’aumento temporaneo dell’inflazione. Sempre nella relazione della BRI si precisa che “anche le forze inflazionistiche potrebbero dimostrarsi inaspettatamente vigorose e persistenti“. I rincari dei prodotti energetici (+10% rispetto ad Aprile 2008) e nel settore alimentare (+6%) coinvolgono tutta l’area dell’euro.

Secondo la BRI, tali rincari combinati con il rallentamento della crescita della domanda possono portare a due scenari: uno positivo, in cui l’inflazione può essere mantenuta sotto controllo e uno scenario più negativo, nel caso il rallentamento della crescita fosse più grave, che potrebbe portare alla deflazione (l’effetto opposto dell’inflazione che provoca la diminuzione del livello generale dei prezzi, con la conseguente riduzione di redditi e salari), un esito che ovviamente non è auspicabile, ma che, come conclude la BRI, “non può essere escluso del tutto”.

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