Durante i primi nove mesi del 2014 le vendite di prodotti alimentari hanno fatto registrare una diminuzione dell’1,3% e quelle di prodotti non alimentari dell’1,2%.
Anche la forma distributiva e la tipologia di esercizio si configurano come indicatori in grado di distinguere le differenze di consumo da parte delle famiglie. Nella grande distribuzione, ad esempio, le vendite di prodotti alimentari sono in aumento, in termini tendenziali, dello 0,1%, mentre quelle dei prodotti non alimentari si sono ridotte dello 0,8%. Nelle imprese operanti su piccole superfici, invece, le vendite fanno segnare un calo dello 0,2% per i prodotti alimentari e dell’1% per i prodotti non alimentari.
Dunque la crisi che si ripercuote sulle famiglie e sui singoli muta anche le abitudini di consumo. Si ricordi una recente indagine Coldiretti/Ixè: il 47% delle famiglie italiane (una soglia che si avvicina quasi alla metà) afferma che le difficoltà economiche hanno provocato una ricerca diversificata dei prodotti, più orientata a quelli low cost. Le famiglie, perciò, rinunciano a primizie e ad eccellenze culinarie virando sui punti vendita più economici. Possono essere quantificate in 3 milioni le famiglie che si recano nei discount.
Dati in qualche modo confermati dalle ultime rilevazioni Istat, come sostengono gli esperti:
Per quanto riguarda gli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare, le vendite dei discount aumentano del 3,4%, mentre diminuiscono sia quelle dei supermercati sia quelle degli ipermercati (rispettivamente -0,6% e -2,5%). Quali prodotti, infine, tra i non alimentari sono andati meglio e quali peggio? L’Istat risponde così: a settembre le vendite sono aumentate, in termini tendenziali, per i gruppi “giochi, giocattoli, sport e campeggio” (+0,8%) e “prodotti farmaceutici” (+0,2%). In tutti gli altri casi, invece, si registra una diminuzione del valore delle vendite. In particolare, la flessione più evidente comprende il gruppo “altri prodotti”, cioè gioiellerie e orologerie, pari a -2,1%.