I colossi del tabacco devono fare sempre più i conti con le politiche di sanità pubblica che imperano nei principali paesi sviluppati: appare dunque normale come, di fronte a simili difficoltà, queste imprese si rivolgano sempre più spesso al continente asiatico. Secondo Euromonitor, proprio quest’ultimo ha visto incrementare, nel corso dell’ultimo anno, il numero complessivo di fumatori, una cifra destinata a salire, vista la nota potenzialità demografica dei paesi in questione. La crescita delle vendite viene dunque affidata in gran parte all’estremo Oriente; tra l’altro, non bisogna dimenticare che in Asia risiede il 60% dei fumatori di tutto il mondo, una percentuale nettamente più alta rispetto a quella europea (10%) e statunitense (4,5%). Una delle maggiori sfide che attende le multinazionali del tabacco è, senza dubbio, la produzione locale: Philip Morris ha già provveduto a firmare un’intesa con la filippina Fortune Tobacco, mentre la British American Tobacco (a cui fa capo, in particolare, il marchio Lucky Strike) si affida all’indonesiana Bentoel.