Anche Confindustria dice la sua sul tema della recessione, sostenendo attraverso il suo presidente Carlo Bonomi che non vi siano i numeri per parlarne. Ma sottolineando allo stesso tempo che c’è bisogno di maggiori investimenti sul nostro territorio.
2023 anno migliore di quel che si crede
Confindustria vede il 2023 come un anno positivo. Questo però a patto che avvengano tre cose: la prima è che non vi sia una nuova impennata del costo dell’energia, che vengano affrontate le sfide di transizione a livello europeo e che vengano fatti i giusti interventi di politica industriale.
L’associazione prevede che vi sarà un calo importante dell’inflazione a partire da settembre. Previsioni decisamente più rosee di quelle che sono girate fino a questo momento nel settore e in generale. Ma va fatta un’ulteriore precisazione: secondo Confindustria devono crescere gli investimenti e devono essere attuate le riforme previste dal PNRR.
Sono due fattori determinanti per il 2023 dell’Italia a livello industriale . E sono concetti che sono stati ribaditi dal capo di Confindustria nel suo colloquio con Fabio Tamburini, direttore de Il Sole 24 Ore presso il ventunesimo congresso di Assiom Forex.
La necessità è quella di dare una risposta a livello europeo su Industria 5.0 e alla sfida di competitività lanciata dalal Cina e dagli Stati Uniti con l’Inflation traduction Act. I rimbalzi economici arrivati pre-pandemia e post shock energetico sono legati tutti all’industria manifatturiera. Ed è per questo motivo, secondo il presidente di Confindustria, che l’Italia o meglio il Governo devono puntare sugli investimenti per mantenere alta la competitività del paese.
Investire bene per crescere secondo Confindustria
Non dobbiamo dimenticare che dal PNRR arriveranno circa 200 miliardi di risorse. Soldi che devono essere investiti e che devono essere accompagnati da riforme la cui attesa dura ormai decenni. L’Italia deve essere inclusiva, moderna ma soprattutto efficiente. Per quanto riguarda l’inflazione Bonomi sostiene che quella italiana sia un’inflazione importata. E che al netto dei costi degli alimentari e dell’energia per quel che ci riguarda il tasso questo è poco più alto del 5%.
Per quel che concerne i tassi di interesse, il manager sostiene che se un’azienda è sana il fatto che questi stiano sul 3% non dovrebbe rappresentare un problema. Ma tira le orecchie alla Banca centrale europea per ciò che concerne la comunicazione. Dovrebbe infatti impegnarsi di più nella diversificazione della politica monetaria per gli Stati membri. E anche più semplicemente per quel che concerne il modus usato per comunicare le proprie indicazioni.
Secondo il presidente di Confindustria non c’è rischio al momento che possa verificarsi una stretta creditizia. Soprattutto nel caso in cui vi sia una politica industriale che sostiene gli investimenti. Avendo cura inoltre di affrontare la transizione ambientale rispettando i tempi, l’impatto sociale ed economico che questa potrebbe scaricare sulle filiere e sui lavoratori.