Dall’Università di Tel Aviv, dove ha ricevuto la laurea ad honorem, il presidente della BCE Mario Draghi ha annunciato che la crisi, per l’eurozona, è passata, e la ripresa sembra essere concreta e duratura. Secondo il presidente, i pericoli per l’Unione Europea possono derivare dall’immigrazione, che potrebbe rivelarsi troppo invadente per poter essere sostenuta dalla fragile economia europea. Nonostante queste dichiarazioni siano state già fatte dal presidente Draghi, oggi i vertici della BCE sembrano più convinti delle proprie parole, forse anche forti dell’elezione di Macron in Francia, che sembra aver ridato linfa agli europeisti. Il presidente ha infatti ricordato i “rumori populisti”, come li ha indicati, anche se questi “rumori” non sono del tutto infondati, vista la crisi generale dell’economia e dei debiti sovrani. Secondo la BCE, questa crisi è servita a comprendere gli indirizzi da prendere, da parte della politica, ma queste sue affermazioni sono certamente contrastate dai no-euro, che non vedono azioni concrete a favore della disoccupazione e dei cittadini europei. Se secondo Draghi, la crisi ha aiutato la comprensione degli errori, molti rivolgono lo sguardo alla storia economica, che aveva già fornito molte indicazioni sulle varie ricette da intraprendere. In particolare sono i keynesiani a rammentare come la politica poteva, e può ancora agire, in modo diverso per rilanciare l’Europa e il lavoro.