Il nuovo rapporto dell’Unione Europea sugli squilibri macroeconomici mette sotto stretta osservazione l’Italia. Bruxelles è infatti preoccupata “per il suo basso potenziale di crescita”, come ricordato dal commissario Ue per gli affari economici Olli Rehn presentando il report sopra anticipato, che – magra consolazione – non risparmia neppure la Francia, la Gran Bretagna, la Spagna, il Belgio, la Bulgaria, Cipro, la Danimarca, la Finlandia, l’Ungheria, la Slovenia e la Svezia.
Ad ogni modo, i contenuti qualitativi del report non sono tutti negativi per il Belpaese. Rehn ha infatti riconosciuto che l’Italia – unitamente alla Spagna – sta agendo “con determinazione per riformare il mercato del lavoro e migliorare la competitività”. Indimenticabile è, tuttavia, l’ostacolo relativo alle scarse potenzialità dei crescita dello Stivale, che si trascina un “significativo deterioramento della competitività, dimostrata anche dalle persistenti perdite di quote di mercato”, dalla metà degli anni ’90.
► PRODUZIONE INDUSTRIALE EUROZONA FRENA PIAZZA AFFARI
► DEPOSITI OVERNIGHT IN AUMENTO PRESSO LA BCE
“Mentre l’indebitamento del settore privato è relativamente contenuto” – si legge nel rapporto – “il livello del debito pubblico è una preoccupazione data specialmente dalla crescita debole e dalle debolezze strutturali dell’economia italiana”.
Rehn ha poi sottolineato l’esistenza di “squilibri sia interni che esterni”, ovvero “un alto livello di debito pubblico e una continua perdita di quote di mercato nelle esportazioni in corso da lungo termine. Negli ultimi cinque anni c’è stato un crollo del 20% nelle quote di mercato delle esportazioni” mentre “la bilancia delle partite correnti è passata da un surplus del 2% a un deficit del 3,5% nel 2010”.
A far compagnia alle difficoltà italiane, anche la Francia e Cipro, che sul fronte delle esportazioni hanno fatto addirittura di peggio, con contrazioni del 19,4%. Fanalino di coda la Grecia, con un passo indietro del 20%, e il Regno Unito, con un decremento del 24,3%. Best performer la Slovacchia + 32,6%, seguita da Romania e Polonia (+ 21,4% e + 20,1%).