Quella della pace fiscale, seppur tanto desiderata dai cittadini più in difficoltà, non è qualcosa che gli economisti italiani vedono utile per risollevare l’Italia. In particolare a pensarla così è Andrea Roventini, l’economista che Luigi Di Maio avrebbe voluto come ministro del Tesoro.
Per l’uomo dire “pace fiscale”, così come ha spiegato nelle pagine di Repubblica, è l’equivalente di parlare utilizzando termini orwelliani: dovrebbe essere infatti chiamato per quello che è realmente, ovvero un condono. Ottimo dal punto di vista dei consensi ma di meno per ciò che riguarda le casse dello Stato che per riempirsi necessitano di riforme strutturali. E sulla pace fiscale spiega:
Oltre ad essere diseducativa, spingendo il contribuente a non pagare le tasse perché tanto ci sarà sempre in futuro un condono, è una misura una tantum. Dunque senza grandi benefici strutturali.
E continua sulla flat tax, a suo parere non utile ad aiutare la popolazione:
Mi sembra un altro neologismo. Come un quadrupede che, poi, si scopre che ha più di quattro zampe. [Entrambe le misure] garantiscono altri voti al loro elettorato, ma non avranno un impatto positivo sull’economia del Paese.
Per quanto queste riforme ora siano sostenute sia da Lega che da M5S sull’atteggiamento e sulle idee in materia economica del proprio partito Andrea Roventini sottolinea:
Puntano a stimolare la domanda. Mi sembra la strada giusta, perché servono interventi di rilancio della crescita. Se il nostro Paese chiedesse all’Europa qualche decimale in più per fare interventi di politica industriale, incontrerebbe maggior disponibilità da Bruxelles. Se invece quei margini li chiedesse per sperperarli in flat tax o misure simili, non ci sarebbe riscontro.