Sarà la Federal Reserve costretta a dare vita, nonostante tutto, ad un quarto giro di quantitative easing perdendo quella marcia in più che al momento aveva nei confronti dell’Europa? Senza dubbio è una delle domande che ci si stanno ponendo alla vigilia della prossima riunione della Banca centrale americana.
Fed tra tassi di interesse e possibile quantitative easing
Da quel che sono le indiscrezioni attualmente in circolo e da un’analisi della situazione, in molti pensano che Jerome Powell lascerà i tassi Usa invariati all’ 1,50%-1,75% tentando di lavorare in maniera più efficiente contro il “cash crunch” che sta caratterizzando il mercato interbancario negli Stati Uniti. Cosa significa? È presto detto: la Fed deve tentare di ammorbidire il problema della contrazione di liquidità. Se questo non avverrà e continueranno ad esserci episodi di stress sui tassi di interesse a breve termine, secondo gli analisti di Credit Suisse, Jerome Powell potrebbe trovarsi nelle condizioni di dare il via al quarto round del quantitative easing.
È importante comprendere che non è un caso che proprio in questo momento il problema appaia esacerbato visto che è proprio alla fine dell’anno che le banche acquisiscono maggiore liquidità dal mercato, utilizzando quella che posseggono per apparire più stabili di quel che sono in realtà. E se la banca centrale nonostante gli interventi nei periodi precedenti non è riuscita a rendere più agevole la situazione per gli istituti bancari, diventa necessario fare qualcosa. Ed il QE è la soluzione più diretta da applicare.
Perché Credit Suisse crede in nuovo quantitative easing
Secondo Credit Suisse la possibilità di un nuovo quantitative easing da parte della Fed è strettamente legato all’andamento del mercato delle operazioni swap sul mercato valutario. Questo, considerato dagli analisti come uno dei peggiori degli ultimi anni, avrà un forte impatto anche se al momento la finanza sembra voler ignorare il dato appositamente. Per Zoltan Pozsar, analista di Credit Suisse, “l’apparente assenza di preoccupazioni potrebbe essere spiegata con l’esperienza positiva dello scorso anno (quando non si è verificato nessun cash crunch in vista della fine dell’anno) e con il fatto che i tassi repo hanno riportato un trend normale dal boom di settembre”.
Dati che hanno meno influenza sulla questione di quanto si possa credere. Ecco quindi che per l’esperto, se si mostrerà che hanno ragione sugli “stress negli accessi ai finanziamenti che si stanno verificando” con molta probabilità la Federal Reserve si troverà a lanciare un ulteriore programma di quantitative easing entro la fine del 2019.