Sgravi sono stati annunciati per le imprese che assumeranno di più. Ma è davvero così? Un’analisi molto interessante condotta da Il Fatto Quotidiano pone qualche dubbio in tal senso.
Ci sono davvero degli sgravi reali?
Il presidente del consiglio Giorgia Meloni si è detta molto soddisfatta delle misure annunciate il 23 ottobre. Tra le quali spicca l’introduzione del principio “più assumi meno paghi”.
Comprensibilmente se si parla di sgravi di questo genere, soprattutto riguardanti le assunzioni a tempo indeterminato, ciò che viene messo sul piatto dal Decreto di revisione dell’Irpef e dell’Ires è qualcosa di importante. Viene infatti presentata una maggiorazione del 20% dell costo deducibile che arriva a 30% se riguarda persone appartenenti alle categorie svantaggiate.
Ciò che ha fatto notare il quotidiano è che nell’annuncio non è stato sottolineato come, per dar vita a questo incentivo, in realtà non ci sia uno stanziamento. Anzi: si può parlare proprio di un guadagno per lo Stato di circa 3,5 miliardi sui conti del 2025 e di circa 2,8 miliardi dal 2026. Tutto tramite questi potenziali sgravi.
Viene da chiedersi: come è possibile una cosa del genere? Il governo Meloni, in materia di sgravi, conta sulle conseguenze di aver abolito l’Aiuto alla crescita economica (ACE) dal 2024.
Parliamo di una misura introdotta dal Governo Monti posta come incentivo del reinvestimento degli utili nelle aziende. Un altra agevolazione fiscale che cancellata avrà l’effetto di aumentare le imposte sul sistema produttivo. Come può quindi un aumento delle tasse risultare tra gli sgravi fiscali?
Misura per aiutare le imprese e le assunzioni
Va detto che l’Ace era stata ideata per affrontare le debolezze del sistema produttivo nostrano rispetto al resto d’Europa. Ovvero l’eccesso di finanziamento a debito invece che con il capitale di rischio. Questa misura consentiva all’Italia di portarsi avanti dando modo, prendendo ad esempio l’anno 2021, a circa 328.000 società di capitali di poter godere di deduzioni pari a complessivi 19,1 miliardi di euro.
Soldi suddivisi principalmente tra un 25% di imprese parte del settore manifatturiero e un 35% di quelle assicurative e finanziarie. Entrando più nello specifico del decreto sull’Irpef e sull’Ires, l’art. 5 abolisce l’Ace. Andando indietro nel tempo è possibile trovare un precedente nell’Esecutivo composto da Lega e Movimento 5 stelle, il quale aveva abolito la misura sostituendola con una mini Ires. Salvo poi fare marcia indietro durante la recessione causata dal covid, arrivando a potenziare la misura stessa dell’Ace proprio nel 2021.
Come ha spiegato il ministero dell’Economia, l’abrogazione dell’Aiuto alla crescita economica ovviamente porterà a un aumento dell’imponibile Ires. Che però darà modo a imprese e professionisti di dedurre di più in caso di assunzioni. Cosa ne pensate?