In quindici anni sono cresciute del 138% le tassi locali, sono passate da 40,58 miliardi a 96,55 miliardi di euro. La situazione emerge da una analisi della Cgia di Mestre che sottolinea una crescita addirittura a tre cifre della tassazione a livello locale. In particolare si riferisce alle entrate fiscali di Comuni, Province e Regioni. Il quadro che emerge mostra una situazione in cui le differenze tra Nord e Sud sono piuttosto importanti: mentre, ad esempio, in Lombardia i cittadini pagano 2.697 euro di tasse ai vari enti locali, in Campania si scende a 1.657, con una innegabile ed evidente divergenza tra Nord e Sud.
L’aumento della tassazione locale – sottolinea Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia – è il risultato del forte decentramento fiscale iniziato negli anni ’90. L’introduzione dell’Ici, dell’Irap e delle addizionali comunali e regionali Irpef hanno fatto impennare il gettito della tassazione locale che è servito a coprire le nuove funzioni e le nuove competenze che sono state trasferite alle Autonomie locali.
Non dobbiamo dimenticare che negli ultimi 20 anni Regioni e Comuni sono diventate responsabili della gestione di settori importanti come la sanità, il sociale e il trasporto pubblico locale, senza aver ricevuto un corrispondente aumento dei trasferimenti. Anzi – conclude Bortolussi – . La situazione dei nostri conti pubblici ha costretto lo Stato centrale a ridurli progressivamente,creando non pochi problemi di bilancio a tante piccole realtà amministrative locali che si sono ‘difese’ aumentando le tasse locali. I fortissimi tagli imposti dalle manovre correttive di luglio e di Ferragosto rischiano di peggiorare la situazione e di demolire lo strumento che in qualche modo poteva invertire la tendenza, ovvero il federalismo fiscale. Pertanto, nei prossimi anni, alle Autonomie locali non resteranno che due strade da percorrere: o tagliare i servizi erogati o aumentare le entrate locali. In entrambi i casi a rimetterci saranno comunque i cittadini e le imprese.
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