È tutto pronto per la riapertura del concambio relativo ai bond argentini in default: l’obiettivo dell’operazione è sostanzialmente quello di tornare sul mercato internazionale del debito, così come ha anche annunciato Amado Boudou, ministro dell’Economia del paese sudamericano. Tra l’altro, l’intenzione è anche quella di raccogliere almeno un miliardo di dollari di capitali freschi. Chiunque aderirà al concambio, comunque, dovrà far fronte a una perdita del 65% del valore nominale. Non bisogna poi dimenticare che è prevista per oggi la presentazione dell’apposito progetto di legge da parte del presidente dell’Argentina, Cristina Fernandez de Kirchner. La nuova operazione di concambio vedrà la partecipazione di Barclays, Deutsche Bank e Citigroup: in questo modo, gli istituti avranno condizioni più favorevoli rispetto al 2005 e gli obbligazionisti sottoscriveranno i titoli nel rapporto di dieci centesimi per ogni dollaro di debito.
1 commento su “Bond Argentina: concambio più favorevole rispetto al 2005”
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UNA STORIA CHE AGLI INVESTITORI FA VENIRE IL “VOLTASTOMACO”
L’Argentina ha colpito ancora, ma la truffa è legalizzata!
Ripercorriamo in breve questa vicenda davvero grottesca, legata ai “bond argentini”, che ha toccato dolorosamente le tasche di quasi mezzo milione di famiglie italiane, indotte a fidarsi dei consigli dei propri consulenti bancari con la rassicurazione che si trattava di obbligazioni emesse da uno Stato sovrano che, “tecnicamente, non può fallire mai”….
Ed invece, pochi anni ed a volte solo pochi mesi dopo la vendita di questi bond, ossia nel dicembre 2001, l’Argentina dichiarò ufficialmente ‘default’, smise di rimborsare le cedole agli investitori, chiedendo una moratoria per il rimborso del capitale. Tuttavia anche in quella circostanza i clienti delle banche furono rassicurati, dicendo che i loro interessi sarebbero stati tutelati da una “Task Force” appositamente costituita dalle banche stesse, la ‘famosa’ TFA (“Task Force Argentina”, presieduta da Nicola Stock, già esperto dirigente dell’Area Estero dell’ex Banco di Roma), che si sarebbe assunta l’onere di espletare ogni iniziativa tesa al recupero dei capitali ed interessi investiti dai risparmiatori italiani nel Paese sudamericano. La moratoria, in attesa che l’Argentina superasse la sua emergenza economica, è durata quasi 5 anni, passati i quali sarebbe stato logico aspettarsi la ripresa del versamento delle cedole, eventualmente a tassi rinegoziati, o ad un rimborso graduale del capitale… Nulla di più illusorio. Il governo argentino, allora presieduto dal rampante Presidente Kirchner (di cui la moglie è l’attuale Presidente in carica, eletta nell’ottobre scorso), su disegno del suo ancor più spregiudicato Ministro delle Finanze, Lavagna, a gennaio 2005, con disinvolto orgoglio tipicamente latinoamericano, annunciò alla comunità finanziaria internazionale la più scandalosa ristrutturazione di un debito sovrano, che la storia finanziaria mondiale annoveri: il capitale del debito, collocato fra il 1996 ed il 2001, sarebbe stato restituito solo nella misura del 30%, secondo un piano di rientro che sarebbe durato da un minimo di 20 ad un massimo di 30 anni e le cedole rinegoziate a tassi ridottissimi, a seconda del piano prescelto, suscettibili di eventuale miglioramento solo in funzione dell’andamento positivo del PIL interno. Di fatto, un vero e proprio furto legalizzato, senza precedenti.
Di fronte a tale indegna proposta, la stessa TFA suggeriva ai clienti delle banche, di NON aderire allo SWAP proposto dall’Argentina, puntando sul fallimento dell’operazione e quindi sul conseguente obbligo, da parte dell’Argentina, di riproporre un nuovo SWAP a condizioni migliori … : le cose invece andarono ben diversamente. Negli ultimi giorni prima della scadenza per l’adesione, la percentuale dei sottoscrittori raggiunge il 76% ed il F.M.I. dichiara valida ed esecutiva l’oscena proposta di con-cambio tra vecchie e nuove obbligazioni, avanzata dall’Argentina. E’ stato solo a questo punto che i 450.000 obbligazionisti dei cosiddetti ‘tango-bond’ si sono resi conto di essere stati raggirati una seconda volta e che il loro peggior incubo si era trasformato in realtà, ossia che i loro sudati risparmi, spesso costituiti dalle liquidazioni di un’intera vita di lavoro, si erano polverizzati nella quasi indifferenza delle istituzioni, degli organi di vigilanza, quali Bankitalia e CONSOB, della politica e degli stessi organi di stampa, in barba all’articolo 47 della Costituzione, che imporrebbe invece la tutela del risparmio nazionale. Ed è stato quindi da quel momento che è iniziato lo psicodramma di tante famiglie italiane, per raccapezzarsi e tentare di comprendere quale strategia adottare per recuperare almeno parte del maltolto. ‘Psicodramma’ è la parola più adatta, perché nella ridda di informazioni, da parte delle Associazioni di Consumatori, studi Legali più o meno professionali, forum tematici su internet e contro-informazioni propalate da chi invece aveva interessi opposti, solo una piccola percentuale di risparmiatori ‘retail’, per conto proprio o per quello dei loro anziani parenti rimasti intrappolati, ha iniziato a dare battaglia: documentandosi in prima persona su quell’universo ignoto, costituito da regolamenti CONSOB (in particolare quello n. 11522, del 1998), delibere Bankitalia, Testi Unici di Finanza e termini ancor più ostici, quali private placement, SSO ovvero sistemi di scambi organizzati, grey market, lead manager, offering circular, inside trading, cash collateral, stabilising manager, ecc.: solo una piccola parte di coraggiosi resistenti, dunque, è riuscita a venire a capo dell’inghippo, divenendo consapevole di essere stata la vittima predestinata di un grande imbroglio, in quanto non si era trattato di un investimento ’finito male’ da parte di incauti ed avidi speculatori, ma, al contrario, di una vera ’truffa del secolo’, in cui l’Argentina aveva avuto buon gioco, grazie alla sponda ottenuta da grandi banche ed istituzioni finanziarie internazionali (che hanno lucrato amplissimi spreads da tutta l’operazione), con la distratta vigilanza, o forse il connivente avallo dei principali organi di controllo. Le banche, infatti, al momento del collocamento del debito, non potevano NON sapere la storia pregressa (fatta di altri defaults più o meno recenti) e di quel momento dell’Argentina, a differenza dei propri ignari clienti. Forti di questa convinzione, questa minoranza di risparmiatori si è messa a raccogliere tutti le carte ed i documenti necessari per citare la propria banca in giudizio, avviandosi ad affrontare tuttavia un percorso spesso lungo e faticosissimo, pieno di ostacoli ed insidie, per poter sbaragliare le contromosse, possenti come corazzate, allestite dagli uffici legali delle banche. E’ stato dimostrato in certi casi che le banche sono state capaci di fare anche ’carte false’, per dimostrare la legittimità di quelle operazioni. Ma gli esiti dei giudizi sono tuttavia tutt’altro che scontati. Gli stessi magistrati, trovandosi a giudicare una materia molto specialistica, spesso emettono sentenze opposte rispetto a fattispecie analoghe, o che ricalcano comunque la stessa falsariga, così riassumibile: furono le stesse banche, spesso partecipate delle lead managers dei collocamenti, a ’consigliare’ questo ‘fruttuoso’ investimento ai propri clienti, tacendo completamente sul rischio implicito e sull’esplicito avvertimento contenuto nelle offering circular (ossia i ’prospetti informativi’), che potevano effettivamente restare celati ai sottoscrittori retail dei bonds, grazie ad un cavillo inerente il collocamento del debito in forma di private placement.
Ma, a fronte di questa piccola parte di cittadini (si parla di circa il 3-4% sul totale) che è ricorsa alla Magistratura, o ai circa 100.000 ‘bond-holder che invece, seguendo i consigli della TFA, ha partecipato al maxi ricorso arbitrale (di incertissimo esito) all’ICSID (acronimo di International Centre for the Settlement of the Investment Disputes, l’organizzazione, facente capo alla World Bank, che svolge funzioni di conciliatore o di arbitro nelle dispute relative ad investimenti fra Stati e investitori privati esteri in applicazione di trattati bilaterali esistenti tra i Paesi interessati), quanti altri anziani pensionati o piccoli risparmiatori meno informati si sono semplicemente rassegnati a questo esproprio, senza poter reagire? Dopo anni di quasi omertoso silenzio, solo ultimamente la stampa specializzata ha cominciato a svelare, sempre molto cautamente, i contorni opachi di questa maxi-truffa, consigliando a tutti di mettere in mora la propria banca con una lettera che interrompa i termini di prescrizione. Tuttavia, anche se si sono fatte molte illazioni sui reali retroscena geo-politici che hanno permesso questo incredibile scandalo finanziario, poche sono le notizie trapelate in merito: si sono ventilati scambi di favori fra l’Argentina e Bush, a protezione di interessi off-shore di quest’ultimo, o, nel caso dell’Italia (dove peraltro si registra la maggiore percentuale di piccoli risparmiatori coinvolta, laddove questi erano stati del tutto esclusi in Paesi come gli Stati Uniti o la Gran Bretagna), si è accennato alla difesa di investimenti in Argentina di potenti notabili nostrani; ma, in ogni caso, si è trattato di voci spesso trapelate in modo ufficioso e ben presto soffocate o fatte inghiottire nella massa del gossip politico-finanziario dei nostri media, in modo da farle sparire… Le numerose richieste volte a far indire una commissione di inchiesta parlamentare su questo inganno ben ordito e consumato, che ha visto, come spesso avviene in questo nostro Paese, pochi soggetti forti guadagnare molto, a scapito di una frastagliata platea di soggetti deboli privi di tutela e rappresentanza, richieste avanzate da singoli e autonomi parlamentari politici bipartisan, nel corso dei passati governi, sono state fatte tutte puntualmente abortire e cadere in un nulla di fatto…
Ma perché si può definire senza timore di sbagliarsi di ‘truffa organizzata’, anziché di possibile ‘incidente di percorso’ nel burrascoso mare dei cicli economico-finanziari del nostro pianeta? C’è un aspetto peculiare, in tutta questa faccenda, che conferma la spudorata sensazione di truffa organizzata: l’occultamento delle offering circular che accompagnavano l’emissione di questi bonds. Quasi tutti questi prospetti d’accompagnamento dell’emissione, indispensabili per capire il rischio a cui si sottopone l’investitore, (destinati di norma solo alle banche che partecipano al collocamento iniziale del prestito, il cosiddetto private placement e quindi – grazie ad una specifica norma CONSOB – senza obbligo di consegna ai risparmiatori retail, divenuti, loro malgrado, i destinatari finali di porzioni di quel collocamento) recavano infatti pesanti avvertimenti circa la rischiosità dell’investimento, che pertanto era destinato SOLO a investitori istituzionali, in grado di gestire rischi speculativi quali quelli impliciti ai bond in questione. Il Governo argentino infatti, quando – ipocritamente – è stato richiamato a rispondere dei suoi gravi obblighi nei confronti dei piccoli risparmiatori, si è sempre trincerato dietro il fatto che detti bonds NON dovevano essere venduti ai risparmiatori retail e quindi la responsabilità andava imputata solo alle banche (in particolare italiane ed ai relativi organi di controllo) che avevano aggirato questa istruzione, facendo apparire che erano i clienti a “richiedere” quei titoli; ma considerato, che spesso la negoziazione di tali titoli avveniva in fase di ‘grey market’ (ossia, prima del collocamento ufficiale del titolo sul mercato, per altro secondario), come avrebbero potuto, questi clienti, costituiti per lo più da pensionati o casalinghe, privi di altre rendite e cognizioni in materia di investimenti finanziari, conoscere i rischi connessi e richiedere questo tipo di investimento, di cui non sospettavano neppure l’esistenza?
Ci sarebbe ancora molto da raccontare su questo incredibile ‘legal-financial thriller’, ma ci ripromettiamo di farlo in caso in una successiva puntata, qualora l’argomento lo richieda e susciti ulteriore interesse. Per ora basti dire che, nel corso del tempo si sono moltiplicate le sentenze a favore di quei ricorrenti che si sono affidati alla Giustizia per vedere la propria banca condannata a rimborsare gli investimenti perduti, anche se questi casi rappresentano ancora una parte residuale fra i risparmiatori ’raggirati’. All’infuori di coloro che hanno aderito al vergognoso SWAP argentino, o di quelli che ora sperano nel ricorso all’ICSID da parte della TFA, o di quelli che hanno venduto i bonds al 30% o addirittura rinunciato a tutto a priori, ci sono ancora molti che non sanno che fare e che, temendo le conseguenze di un’azione giudiziaria comunque lunga, faticosa ed incerta, cedono al ricatto della banca per una conciliazione immediata, ancorché penalizzante, purché conclusiva. L’orientamento della Giustizia, infatti, è quello di riconoscere le ragioni dei risparmiatori, solo ove la negoziazione messa in atto dalla banca sia effettivamente carente, sotto il profilo dell’adeguata informativa così come prevista dal T.U.F. e dal Reg. CONSOB 11522, ma di respingere quelle richieste che presentano una documentazione ’formalmente’ corretta, anche se frutto di abili manipolazioni fatte dalla Banca stessa. In altre parole, la banche che sono state ’brave’ a costituire, quasi sempre a posteriori o con metodi posticci, una documentazione accettabile, la fanno franca, laddove la pratica scorretta di consigliare questi bond ai loro clienti è stata una prassi comune e consolidata presso quasi tutti gli intermediari che si sono prestati a smistare questi titoli spazzatura (le eccezioni sono state davvero rarissime). Purtroppo, nonostante qualche lieve sanzione amministrativa, inflitta dalla CONSOB ad alcune fra le maggiori banche ‘spacciatrici’ di questa merce avariata, nessuna Istituzione ha mai richiesto, come ci si sarebbe attesi nel caso fosse stata costituita una seria Commissione d’inchiesta parlamentare in grado di accertare la reale dinamica dei fatti, che le banche rispondessero nella sostanza di questa sciagurata operazione finanziaria, anziché venire singolarmente condannate, a discrezione dei singoli giudici, e neppure sempre, nonostante le sanzioni CONSOB ricevute, solo per accertate irregolarità di carattere formale. Anzi, ed è storia di oggi, in caso di difficoltà le Banche vengono immediatamente soccorse dallo Stato (a spese dei contribuenti…), per il bene e la preservazione di tutto il sistema economico-sociale globale, che, ovviamente, non reggerebbe ad un crollo generalizzato del sistema creditizio internazionale. Ma la crisi di oggi, come visto, viene da lontano, ossia da quella mancanza di rispetto delle regole e di ogni scrupolo morale, che, tuttavia, ci auguriamo possa ritorcersi anche su chi l’ha permessa ed avallata con i propri irresponsabili comportamenti.
(Quest’articolo è stato curato dalla Redazione del sito http://tangobond.forumfree.net/, un Forum nato nel febbraio 2006 per iniziativa spontanea di alcuni sfortunati detentori di ‘bond Argentini’, che in tal modo hanno inteso scambiare con gli utenti registrati al Sito le proprie esperienze e le proprie conoscenze, al solo scopo di aumentare la consapevolezza dei propri diritti e delle possibilità al recupero dei propri investimenti, specialmente fra coloro ai quali questi titoli sono stati propinati dalle rispettive Banche senza il dovuto rispetto delle norme e delle tutele già allora vigenti, a difesa del risparmiatore).
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