Il Fondo Monetario Internazionale ha affermato che le banche centrali devono perseguire politiche monetarie ultra-espansive, come sta facendo la Bank of Japan, per dare stimoli all’economia senza temere più di tanto la comparsa di focolai inflazionistici. Secondo gli esperti dell’istituto di Washington, “qualsiasi temporanea sovrastimolazione dell’economia avrà piccoli effetti sull’andamento dei prezzi”. Il suggerimento arriva dopo le parole del direttore del Fmi, Christine Lagarde, che ha lodato la recente manovra della Banca del Giappone nel corso di una conferenza internazionale sull’isola cinese di Hainan.
Il numero uno del Fmi ha giustificato il suo sostegno alla politica monetaria shock della BoJ con una motivazione di interesse generale, in quanto secondo Lagarde “le politiche monetarie, comprese quelle non convenzionali, hanno agevolato la ripresa delle economie avanzate e quindi la crescita globale”. Secondo l’ex ministro delle Finanze francese, “le riforme annunciate dalla Bank of Japan sono un altro welcome step in questa direzione”. La pensa diversamente il famoso investitore George Soros, secondo il quale, considerando l’enorme debito pubblico, il Giappone corre un rischio enorme in caso di rialzo dei tassi.
Inoltre, lo yen rischia crollo senza freni secondo Soros. Il Fmi sembra voler spingere con decisione le banche centrali a perseguire politiche ultra-accomodanti senza preoccuparsi troppo dell’inflazione. Il riferimento va soprattutto alla Bce, che finora è rimasta fedele al suo mandato di garante della stabilità dei prezzi nell’area euro adottando una politica monetaria espansiva, ma nettamente più contenuta rispetto alle varie Fed, BoJ e BoE. In un capitolo del World Economic Outlook, gli esperti del Fmi si sono anche occupati dell’inflazione.
► ECONOMIA ITALIANA VA PEGGIO DI NOVEMBRE 2011
Dallo studio emerge che l’inflazione fatica a rialzare la testa in fasi di recessione o di forte rallentamento dell’economia, grazie alle manovre delle banche centrali ma soprattutto perché le resistenze a tagli dei salari e le altre rigidità del mercato del lavoro hanno evitato pressioni rialziste sui prezzi. Secondo il Fmi l’inflazione non aumenterà nei prossimi mesi, nemmeno se dovesse esserci un rafforzamento della ripresa economica. Nello studio si legge che “al cane è stata messa la museruola ed è improbabile che abbai”.