La giornata del 23 gennaio scorso poteva rappresentare un punto di svolta per l’attuale crisi che sta vivendo l’Egitto: in quella occasione, infatti, il Fondo Monetario Internazionale aveva lanciato l’allarme in merito agli eccessivi livelli di disoccupazione presenti nella nazione africana, focalizzando la propria attenzione sugli alti e pericolosi tassi che riguardavano le fasce più giovani di popolazioni. Due giorni dopo le proteste sono divampate all’ombra delle piramidi. L’organizzazione sorta a Bretton Woods considera ancora questa disoccupazione una vera e propria “bomba a orologeria”, la quale potrebbe addirittura esplodere anche in altri paesi. L’Egitto ha bisogno di almeno dieci milioni di posti di lavoro in questo momento (circa il 12% della popolazione totale), ma lo stesso discorso può essere fatto per la Giordania, il Marocco, la Siria e il Libano. Altri cambiamenti positivi per lo stesso Egitto non possono che giungere dalla ristrutturazione del sistema economico, dalle privatizzazioni e da una nuova politica monetaria.