Anche le Generali guardano ad est per il futuro: entro il 2012 il gruppo italiano stima investimenti per un valore totale di 1 miliardo di euro. In pratica la quota di premi originata dai mercati est-europei, pari oggi al 3,5%, dovrebbe salire all’8%, e poi anche raggiungere il 10%. L’obiettivo è di raddoppiare il volume dei premi realizzati con la joint venture costituita con il ceco Ppf da 2,6 miliardi a 6. Il sodalizio è stato ufficializzato ieri da Balbinot, amministratore delegato delle Generali, e Ladislav Bartonicek a Praga. Per l’occasione è stato fatto il punto sulle strategie internazionali di espansione del gruppo.
Direzione Romania: il gruppo ha fatto un’offerta per la Asiban, valutata tra i 150 e i 250 milioni, ed è entrato nella short list, in competizione con diversi altri gruppi assicurativi internazionali, tra cui l’italiana Fondiaria. Lo scopo è comunque quello di consolidare la propria leadership in tutta l’area del centro-est-Europa: in Polonia, Turchia e, appunto, Romania, il gruppo cercherà tramite acquisizioni di acquisire posizioni. In Russia l’obiettivo è il mercato vita, per ora poco sviluppato ma con un grande potenziale.
Grande attenzione anche verso il sud-est asiatico: dopo Cina e India, Generali punta a Indonesia, Malesia e Vietnam, se il mercato dovesse aprirsi. Ma lo sguardo del gruppo triestino non è rivolto soltanto ad est: sembra che anche gli Usa siano nel mirino delle Generali. Assente dal mercato statunitense dal 2003, secondo quanto dichiarato da Balbinot adesso stanno valutando possibili acquisizioni, soprattutto nel settore della terza età e pensionistico. L’ad del gruppo italiano di assicurazioni è stato comunque molto chiaro: “studiamo il mercato americano con un approccio selettivo“. In Usa le compagnie, anche le più piccole, sono molto all’avanguardia nel settore dei pacchetti pensionistici che permettano anche nella terza età di mantenere costante la qualità della vita. In questo in Europa le compagnie sono un po’ mancanti e l’idea delle Generali sarebbe di poter guardare a tali imprese come a qualcosa da esportare.
Nessuna intenzione quindi di sfidare il mercato usa, ma di compiere un’operazione mirata, magari favorita dalla debolezza del dollaro, allo scopo di consolidare in futuro la propria presenza in Europa.