Scongiurato il pericolo-sfiduci, la Francia avrà il suo Jobs Act. In un clima infuocato, solcato dai terribili scontri in piazza, il provvedimento è stato votato a favore solo da 246 aventi diritto contro i 288 voti necessari a far passare il provvedimento.
La riforma del lavoro è stata a lungo osteggiata. Hollande è stato attaccato da più parti. Nel Paese la disoccupazione galoppa, e il testo sembra essere foriero di numerosi passi indietro.
Il presidente, dal canto suo, aveva deciso nei giorni scorsi di spaccare la maggioranza forzando la mano al Parlamento per far passare la nuova riforma sul lavoro varata dal governo Valls. La definisce come “l’ultima grande riforma del quinquiennato” che scade a maggio dell’anno prossimo. Dopo un consiglio dei ministri convocato all’ultimo minuto, il governo francese ha autorizzato il premier Manuel Valls a ricorrere all’articolo della costituzione 49-3 che permette di adottare la riforma senza il voto del Parlamento: l’assemblea Nazionale poteva opporsi solo votando una mozione di sfiducia, che – puntualmente – è stata presentata dall’opposizione di centrodestra.
Ma non è passata. Servivano i voti di almeno 40 socialisti, che non si sono uniti ai conservatori per paura di far cadere il governo. “Non si tratta solo di far cadere il governo, noi dobbiamo evitare che la leggi passi” aveva detto Christian Paul portavoce dei “frondisti”.
Molte le similitudini tra la riforma del lavora francese e quella italiana. Anche oltre le Alpi l’obiettivo è quello di rendere più flessibile il mercato del lavoro in entrata e in uscita, di diminuire il costo dei licenziamenti e la discrezionalità dei giudici sulle indennità ad eccezione di fatti di particolare gravità da parte dell’azienda. Sul fronte delle 35 ore, di contro, Parigi mette mano a una legge che per i francesi è intoccabile allargando le maglie della flessibilità sull’orario settimanale e tagliando la retribuzione degli straordinari.