I mercati sono in attesa degli stimoli provenienti dalle politiche che Fed e Bce attueranno dal punto di vista economico-finanziario durante le prossime settimane.
Le aspettative di un’ulteriore espansione delle operazioni non convenzionali della Bce sono alte, ma una delle opzioni sul tavolo di Draghi è quella di tagliare ancora il tasso sui depositi, cioè quanto le banche ormai pagano (visto che il tasso è a -0,2%) quando lasciano i loro soldi parcheggiati presso la Bce. Il Qe vieta infatti di acquistare titoli che rendano meno di quel limite, ma visto il calo degli spread ormai sono molte le obbligazioni di stato a rendimento negativo: in Germania sono sotto zero i rendimenti fino a sette anni. Questo comporta un problema di “scarsita” sul mercato di titoli potenzialmente acquistabili dalla Bce.
La settimana, tuttavia, è anche ricca di appuntamenti congiunturali: sul fronte europeo l’attenzione si concentra sulla stima flash dei prezzi al consumo per novembre. L’inflazione armonizzata potrebbe guadagnare 0,1 punti percentuali allo 0,2% per novembre e dovrebbe essere trainata principalmente dai prezzi leggermente in rialzo degli alimentari, alcol e tabacco, compensando un ulteriore calo del prezzo annuale dell’energia. L’inflazione “core”, nel frattempo, dovrebbe rimanere sostanzialmente stabile attorno al suo livello di ottobre dello 1,1%. Anche se l’inflazione industriale dei beni non energetici è destinata ad aumentare ulteriormente sulla scia di un euro più debole, l’inflazione dei servizi dovrebbe moderarsi lievemente nel mese di novembre, si stima, da 1,3% al suo livello di luglio-settembre del 1,2%.
Sul fronte americano l’attenzione viene presa invece prima dell’indice Ism, poi dal dato più atteso: quello sul mercato del lavoro. Le stime parlano di una crescita di 170.000 unità, con il tasso di disoccupazione stabile al 5,0%. Dopo il buon andamento di ottobre, comunque, sembra improbabile attendersi dei dati che dissuadano la Fed da procedere a un rialzo dei tassi a metà dicembre.