L’allarme che è stato lanciato in questi giorni in relazione ai buoni pasto da spendere al supermercato non è irrilevante e deve essere tenuto debitamente in considerazione: gli esercenti, riuniti nel Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) ha minacciato di non accettare più i ticket restaurant, i quali coinvolgono circa due milioni e mezzo di dipendenti. Questo tipo di spesa viene sfruttata in larga misura, tanto che il totale quotidiano arriva addirittura fino a undici milioni di euro; ma le alte commissioni (tra il 6% e il 12%) e i rimborsi fin troppo lenti (non prima di tre mesi) starebbero pregiudicando i vantaggi di questa comoda opportunità. Comunque, Sandro Fertino, presidente delle società emettitrici riunite nell’Anseb, ha spiegato che si tratta semplicemente di situazioni pregresse, ma rimane il fatto che i ribassi andrebbero a colpire anzitutto i consumatori. I colossi della distribuzione, come McDonald’s e Auchan, hanno spiegato che la non accettazione dei ticket dura ormai da cinque anni, mentre in alcuni casi non sono mai stati utilizzati.
1 commento su “Ticket restaurant, esercenti sul piede di guerra per le commissioni”
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La problematica dei buoni pasto è molto semplice: Tra tutti quelli che gestiscono i buoni pasto gli unici che ci rimettono sono gli esercenti. Tutti i costi gravano su di loro con sconti(sic!) ritardi di pagamento, burocrazia, tempo impiegato per il conteggio, costi e rischi di spedizione. Da ultimo va considerato che, se i gestori del buono contestano una fattura, questa viene pagata secondo quanto ritenuto da loro senza possibili contestazioni degli esercenti. Se il dipendente o operaio avesse a disposizione la somma corrispondente al buono, ne trarrebbe solo benefici. Infatti il valore del buono va decurtato delle spese: questo impedisce all’esercente di praticare agevolazioni e sconti che il cliente potrebbe ricevere allo stesso modo di chi non usufruisce di buoni pasto.
Il sistema così architettato fa guadagnare: 1) il datore di lavoro che ottiene sconti dai gestori vincitori degli appalti per la fornitura dei buoni; 2) i gestori che guadagnano imponendo degli sconti agli esercenti costretti ad accettare i contratti. Dall’altro lato il lavoratore non può godere di agevolazioni e a volte è anche costretto ad integrare il buono. L’esercente, che è l’unico che lavora in questo giro di soldi di svariati milioni di euro, ci rimette ogni volta che riscuote un buono pasto il 10-12%. La cosa più incomprensibile di un accordo sindacale, cui sono legati i buoni pasto, è che i costi siano a carico di un esercente di ristorante o self service,estraneo alle parti. Ultimo rilievo, ma non meno importante, i ristoratori sono costretti a tenere prezzi bassi per soddisfare le giuste esigenze dei lavoratori. Renato