Si svolgeranno quest’oggi presso il Ministero del Tesoro riunioni fondamentali tra banche, assicurazioni e fondazioni al fine di conoscere i dettagli del fondo salva-banche che nella veste di Sgr supporterà il pianeta bancario in questo momento di difficoltà.
Vicino agli amministratori delegati e alle guide operative delle principali banche italiane e di quelle medio-grandi ci saranno i rappresentanti tra gli altri di Bankitalia e di Cassa depositi e prestiti, che ha un ruolo fondamentale nell’elaborazione del piano insieme al Tesoro e avrà un ruolo importante e diretto nella nuova struttura.
Quello odierno, secondo le voci della vigilia, potrebbe essere l’ultimo giro di consultazioni prima del lancio che potrebbe avvenire già domani, martedì o comunque entro la settimana, anche in vista della partenza del ministro Pier Carlo Padoan per il Fmi chiamato al vertice con la Banca mondiale e alla diffusione delle stime di primavera nel prossimo week-end.
Intorno all’operazione c’è del resto tanta fiducia e lo conferma anche l’incontro di venerdì scorso con la Bce a Francoforte con i rappresentanti dell’esecutivo e della Banca d’Italia. Un summit il cui esito potrebbe aver accelerato la discussione. Da Bruxelles non arrivano commenti ufficiali; ma il progetto prevede che a mettere i soldi (intorno a 5-7 miliardi di dotazione) nella Sgr siano le stesse banche e gli operatori del mondo finanziario, in modo che lo Stato non venga coinvolto e non sia quindi necessario chiedere l’ok per evitare gli aiuti vietati dalla ue. Quella che si profila non sarà un’operazione di sistema e questo dovrebbe rassicurare l’Europa ma si configura come un intervento di “volonterosi”.
La stampella al sistema creditizio interverrà come garanzia sui due fronti aperti: quello delle sofferenze e dei previsti aumenti di capitale. Secondo le prime ricostruzioni, l’intenzione sarebbe quella di creare appunto uno scudo privato garantendo i prossimi aumenti di capitale (Vicenza e Veneto Banca in primis) e gestendo parte della mole di crediti deteriorati in pancia ai principali istituti del Paese. La dotazione iniziale dovrebbe essere di 2,5 miliardi per poi salire oltre quota 7 miliardi. La Cdp metterebbe risorse in misura minoritaria (circa 200-300 milioni) per non incorrere nella fattispecie degli aiuti di Stato. Dalle fondazioni bancarie potrebbero arrivare altri 500 milioni e il resto sarà sostenuto dai big della finanza privata.