L’obiettivo è quello di ridare al controllo pubblico le grandi reti infrastrutturali di telecomunicazioni, a partire da quella futura della banda ultralarga.
Per il governo il piano che stanzia 6,5 miliardi in cinque anni per la fibra ottica si sta trasformando in una grande occasione. Riaffermare il ruolo statale nelle “autostrade telematiche strategiche”. Attraverso l’Enel, il colosso elettrico controllato appunto dal ministero del Tesoro. Entro maggio, infatti, l’esecutivo dovrà determinare modalità e quantificazione degli incentivi per costruire la nuova rete. L’azienda guidata da Starace, nelle valutazioni di Palazzo Chigi, ha le caratteristiche per diventare il candidato migliore per accelerare sulla banda di ultima generazione. Una scelta con una conseguenza: rendere marginale l’attuale rete del soggetto privato Telecom.
Nei report dell’esecutivo, si sottolinea come Enel possa già contare su una ramificazione capillare. E ha formalmente dichiarato alle autorità competenti la disponibilità a impegnarsi con un progetto in tempi strettissimi: tre anni per raggiungere tutta l’Italia mandando così in soffitta la vecchia infrastruttura in rame e senza reclamare un ruolo nella gestione del servizio. Ossia senza alterare la concorrenza.
Nelle idee dell’esecutivo, si tratta di un primo passo per una complessiva ristrutturazione del settore delle Telecomunicazioni. Che comprenderà anche le reti per le trasmissioni radiotelevisive, a cominciare dalle antenne. Con il medesimo obiettivo di fondo: conservare il controllo da parte dello Stato del sistema infrastrutturale, non degli operatori. Un’esigenza che va incontro anche ai problemi di sicurezza nazionale connessi alle comunicazioni e di recente denunciati anche dalla garante della Privacy. Sulla rete ex Sip, ad esempio, corrono al momento anche dati sensibili riguardanti segreti militari da gestire con prudenza.