La web tax così come presentata all’interno della Manovra finanziaria 2025, rischia di danneggiare in maniera rilevante anche le startup e le Piccole e medie imprese.
I problemi legati a questa web tax
E il solo pensiero sembra delineare come l’attuale “Digital service tax” (ex web tax, N.d.R.), non sia in procinto di essere modificata nel modo giusto per favorire la crescita e il lavoro. Lo scopo della cosiddetta web tax, infatti, sarebbe quello di colpire i grandi come Google, Meta, Twitter che al momento non sono sottoposte a una equa tassazione in proporzione della loro grandezza.
Il problema è che, nella ricerca di un gettito fiscale equo, il Governo rischia con alcune modifiche di affossare le Piccole e medie imprese e le startup presenti nel nostro paese. Come? Attraverso la proposta di rimuovere il limite di fatturato di 750 milioni di euro a livello mondiale e di 5,5 milioni In Italia.
In tal modo si andrebbero a colpire le Piccole e medie imprese già vittime di costi operativi decisamente alti e non facili da gestire. È stato Netcomm a sottolineare come la filiera dell’e-commerce in Italia crei valore per oltre 133,6 miliardi di euro. Si tratta di dati relativi al 2022 e che rappresentano il 7% del PIL nazionale.
Dobbiamo sottolineare come con l’attuale gettito e con il lavoro della filiera, è stato possibile per lo Stato italiano investire circa 49 miliardi di euro in infrastrutture e servizi pubblici. Nel caso in cui la web tax venisse modificata come annunciato estendendola, le conseguenze sulla crescita economica del Paese sarebbero evidenti e non facili da superare.
Sebbene sia giustissimo infatti tassare i grandi del Big tech che tendono a eludere, in maniera lecita, una certa pressione fiscale, una tassazione generale aggressiva in ambito digitale non porterebbe altro che a una fuga delle imprese all’estero. Secondo Roberto Liscia, presidente di Netcomm, lo Stato dovrebbe piuttosto muoversi per favorire la digitalizzazione dove ancora manca. Senza soffocarla.
Necessità di colpire i più grandi
Soprattutto quando si tratta di dover tassare ulteriormente un diverso settore, diventa fondamentale comprendere appieno quali siano i bisogni e le lacune dello stesso. Non si deve infatti rinunciare al regolamentare meglio uno specifico ambito, ma si devono tenere da conto di quelle che già sono le criticità presenti. E fare in modo che queste non colpiscano le piccole realtà che, soprattutto nel nostro paese, rappresentano la base più importante del PIL nazionale.
Non è una novità che paesi come Meta e Google spostano i ricavi in Irlanda dove la tassazione è più favorevole. Bisognerebbe puntare a tassare questo tipo di atteggiamento spingendo, con una pressione fiscale importante in base ai guadagni ma giusta, le aziende a tornare a fatturare qui in Italia.
Tra l’altro tassare maggiormente le PMI e le startup con una web tax non calibrata adeguatamente risulterebbe anche un paradosso, come sottolineato da diversi esperti. La ragione? Perché vengono promossi finanziamenti nei confronti di queste da parte del Governo attraverso Cassa depositi e prestiti.