Era fuori da ogni dubbio che il decreto salva Carige sarebbe stato in grado di creare le polemiche effettivamente occorse: quel che non si sta notando è come la banca stia ignorando essenzialmente tutte le discussioni e si stia concentrano su preparare il suo piano di salvataggio.
Non bisogna infatti dimenticare che la Carige è commissariata dalla BCE e che per questo non può assolutamente rimanere “ferma”: mentre la politica parla, talvolta a sproposito, l’istituto necessita di dar vita ad una road map che gli consenta di uscire dall’empasse nel quale si trova dopo che il socio Malcalza ha fatto saltare l’aumento di capitale. I commissari non danno come scontata l’opzione governativa, anzi. Essi hanno spiegato più volte che quello messo a punto dal Governo è uno strumento importante per rassicurare i correntisti ma che al momento non si tratta assolutamente di un’opzione presa in considerazione.
Nel frattempo la Regione Liguria ha confermato l’affidamento del servizio di Tesoreria a Carige: un’iniezione di fiducia che fa comodo in quello che è stato definito un “periodo di transizione” per la Banca tra il commissariamento e quella che sarà la sua aggregazione con un altro istituto, ovvero quello richiesto dalla BCE.
Quel che interessa in particolare ai commissari è quella parte del decreto che conferma la copertura, da parte dello Stato, dell’emissione di una nuova obbligazione: qualcosa che cadrebbe a fagiolo per Banca Carige dati i tempi molto stretti. Il piano industriale dovrà essere pronto entro il prossimo 26 febbraio, data dopo la quale verranno verificate le manifestazioni di interesse di soggetti interessati ad aggregare Carige. A rimanere un punto da chiarire? La revisione del tasso del 16% che la banca deve al Fondo interbancario per il bond da 320 milioni e la gestione dei crediti deteriorati.