Venerdì è tornata a farsi sentire la pressione sui titoli di stato italiani in un clima di forte avversione per il rischio, che ha mandato ko sia le borse che l’euro. Lo spread Btp-Bund è volato fino a 470 punti base. Ciò vuol dire che il rendimento del decennale italiano è salito nuovamente, seppur di poco, sopra la soglia del 6%. Siamo su livelli critici, che in teoria lo scudo anti-spread dovrebbe arginare attraverso il fondo salva-stati. In particolare, un livello dello spread italiano sopra 500 farebbe scattare più di un semplice campanello d’allarme.
Tuttavia, le decisioni prese dal Consiglio europeo dello scorso 27 e 28 giugno potrebbero subire pesanti battute d’arresto. Olanda e Finlandia si oppongono allo scudo. Helsinki minaccia addirittura di uscire dall’euro. Il futuro dell’euro resta incerto e gli investitori continuano a bocciare i titoli di stato della periferia europea. Il Btp scadenza settembre 2022, benchmark per lo spread, è entrato in una fase di elevata volatilità a partire da maggio scorso, oscillando tra 95 e 100 in base al susseguirsi di novità relative alla crisi dei debiti europei.
Secondo i dati elaborati da Bloomberg, solo il decennale spagnolo ha una volatilità giornaliera più alta rispetto al Btp di pari scadenza: 31,85% contro il 21,34% del titolo italiano. Il Bund decennale si ferma all’8,98%, l’Oat all’8,16%. Una situazione pressocchè analoga inizia a riscontrarsi sulle scadenze brevi, ovvero i titoli a 2 e 3 anni. Ciò che influenza il prezzo in questa fase non è il “rischio tassi”, bensì il “rischio di credito”, ovvero il timore che l’emittente non sia in grado di onorare il pagamento degli interessi o di restituire il capitale a scadenza.
I timori per un collasso della zona euro, oggi più vivi che mai, influenzano così anche i bond sovrani della periferia europea, ovvero quelli maggiormente esposti alla crisi. La fase attuale sui mercati è più adatta ai day-trader, che possono sfruttare la volatilità elevata cercando di centrare il giusto timing di ingresso e uscita in un arco temporale relativamente breve. La curva dei rendimenti “appiattita” rende ora più appetibili le scadenze brevi rispetto a quelle medio-lunghe: un biennale che rende il 4,1% rispetto a un decennale al 6% sembra un’occasione da non sottovalutare.