E’ da anni ormai che si discute a livello internazionale del ruolo e dell’esistenza dei cosidetti paradisi fiscali, cioè quei luoghi dove il regime fiscale viene considerato altamente favorevole ai possessori di ingenti capitali. Ma ora che la crisi finanziaria ha creato un enorme problema di liquidità la questione torna in primo piano sopratutto nel vecchio continente. In Europa, infatti, i paesi inseriti nella cosidetta lista nera dei paradisi fiscali ufficcialmente sono il Liechtenstein , Andora, Monaco, ma certo è che da sempre la Svizzera e il Lussemburgo, per le loro regole in materia bancaria sono guardati con sospetto dai grandi paesi europei, Germania in testa. Berlino, infatti, da sempre è maggiormente attenta al contrasto di queste forme di fiscalità agevolata, come ha dimostrato il recente scandalo della scoperta dell’esistenza di centinaia di conti correnti di tedeschi, celati dietro le fondazioni del Liechtenstein e parcheggiati in banche del principato e svizzere, scoperti dai servizi segreti tedeschi, grazie ad un atto di corruzione costato al contribuente quasi 5 milioni di euro, andati nelle tasche di un infedele funzionario della società fiduciaria Lgt, appartenente all’omonimo gruppo bancario, il cui proprietario altro non è che il principato stesso.
E non a caso è ancora la Germania ad aver sollevato, in maniera formale la questione secondo cui anche la Svizzera deve essere inserita nella lista nera dei paradisi fiscali. La proposta, una volta tanto, ha trovato l’appoggio della Francia, dove si è appunto svolto un’ incontro tra gli stati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), i quali hanno chiesto un’azione più incisiva contro i paradisi fiscali e l’aggiornamento della “blacklist”, stilata dalla stessa organizzazione, prima del meeting sul tema previsto per il prossimo anno.
La Svizzera offre condizioni che invitano i contribuenti tedeschi a evadere le tasse. Perciò, dal mio punto di vista, la Svizzera fa parte di quella lista
ha detto in maniera piuttosto dura il ministro delle Finanze tedesco Peer Steinbrueck durante una conferenza stampa. Il ministero delle Finanze svizzero ha risposto affermando che il suo paese già applica le norme sullo scambio di informazioni bancarie stabilite dall’Ocse nel 2000. Ma questo affermazione del ministro elvetico non è stato detto al meeting, poichè il paese elvetico e diversi altri membri dell’Ocse, tra cui Austria, Lussemburgo e Stati Uniti, non vi hanno partecipato.
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