Anche nei c.d. Paesi emergenti si avvertono crescenti pressioni inflazionistiche, tanto che molti hanno già alzato i rispettivi tassi di riferimento oppure stanno per farlo (Russia, India, Cile, Sud Africa e, in previsione, a breve anche Turchia e Messico). In India l’indice dei prezzi è a +11,05%. Per anni India e Cina hanno dato sussidi per energia e materie prime. Ora non possono più sostenerne il prezzo, ma rischiano contraccolpi inflattivi. La scorsa settimana la banca centrale indiana ha aumentato i tassi di interesse, per la prima volta da 15 mesi. Sono allo studio altre immediate azioni per frenare l’inflazione che, tra l’altro, sta demolendo la popolarità dell’attuale premier Manmohan Singh, in vista delle elezioni politiche del 2009.
Il problema inflazionistico anche per i Paesi emergenti è riconducibile all’andamento delle materie prime. Un mix di interventi preventivi di politica monetaria e di possibile stabilizzazione dei prezzi delle commodities dovrebbe consentire di evitare un’impennata dell’inflazione al consumo. Nella seconda parte del 2008 e nel 2009, inoltre, è probabile che si verifichi un rallentamento della crescita reale anche di questi Paesi, proprio in virtù di politiche monetarie antinflazionistiche, che dovrebbero consentire dapprima una stabilizzazione e poi una relativa tenuta/ripresa dei mercati azionari emergenti dopo il recente sell-off.
I paesi emergenti hanno contribuito anche ad aumentare il prezzo del greggio. Un anno fa, il prezzo di un barile era intorno ai 100 dollari; adesso oscilla intorno ai 140 dollari. Entro la fine dell’anno potrebbe raggiungere la cifra stratosferica dei 200 dollari al barile. Senza dubbio influisce la domanda di energia proveniente dai Paesi in forte sviluppo, come la Cina e l’India, che per le loro dimensioni hanno modificato la struttura della domanda globale.