200 miliardi di euro. E’ questa la risposta dell’Europa unita per fronteggiare quella che appare sempre più come la più grave crisi finanziaria degli ultimi 70 anni. Di questi 200 miliardi, che rappresentano l’1,5% del Pil europeo, 170 dovranno arrivare dai bilanci dei singoli Stati membri, ognuno chiamato a contribuire secondo le proprie possibilità e la propria situazione economica. Gli altri 30 miliardi proverranno invece sia dal bilancio dell‘Unione europea – che attraverso i fondi strutturali e il fondo sociale europeo contribuirà a finanziare le misure a sostegno dell’occupazione – sia dalla Banca europea degli investimenti, che potenzierà i suoi prestiti soprattutto alle piccole e medie imprese che investiranno nelle tecnologie verdi. E’ sicuramente come ha detto il presidente Barroso, deus machina dell’intervento, una “risposta senza precedenti per affrontare una crisi eccezzionale”. Per qauanto riguarda lo specifico delle misure, gli interventi sono stanti e di diversa natura, anche se per ora sono alla stato progettuale.
Si parla con insistenza della possibilità di ridurre l’Iva per rilanciare i consumi, o ancora dell’abbattimento del cuneo fiscale che grava sul costo del lavoro, soprattutto per i lavoratori delle fasce più deboli e nei servizi ad alta intensità di manodopera. Bruxelles poi suggerisce con forza, magari l’opposizione di qualche produttore, come Fiat, di sostenere le industrie che producono auto pulite e investono in ricerca per sviluppare le tecnologie verdi, invece che puntare ad incentivi a pioggia per tutto il settore, uno dei maggiormente colpiti dalla crisi. Incentivi sono previsti anche per un altro grande malato dell’economia, e cioè il settore delle costruzioni (soprattutto ai progetti di case ecologiche), alle infrastrutture di interconnessione energetica e allo sviluppo della banda larga, per un totale di 5 miliardi di euro da prendere dalle risorse del bilancio Ue rimaste inutilizzate. Ora però la parola spetta ai singoli paesi, che dovranno decidere come e dove puntare le loro risorse per rilanciare l’economia, ma sul piatto resta il nodo del rispetto del patto di stabilità, i cui rigidi parametri molti stati mebri vorrebbero vedere ammorbiditi, per permettere di sforare sul rapporto fra deficit e pil, e avere mano libera per gli investimenti pubblici per il rilancio dell’economia.
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