La Tobin Tax è sempre più messa in discussione perché non riesce ad assolvere la funzione principale per cui era stata pensata, quella di fermare la speculazione. Certo, la Tobin Tax è ancora difesa da chi ne vede una tassa giusta, sulle rendite finanziarie, ma forse non è con una tassa che pone un limite allo strapotere della finanza.
La battaglia è ideologica, tra chi chiede giustizia sociale, e chi chiede una finanza che riesca ad attirare investimenti.
Il dibattito in Italia si è aperto appena dopo il referendum inglese sulla Brexit, quando i sostenitori dell’abolizione, hanno chiesto un ripensamento sull’imposta sulle transazioni finanziarie per favorire la piazza di Milano a quella di Londra, destinata a svuotarsi di aziende quotate per restare in Europa. A fare resistenza, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Ma i capitali possono scegliere dove pagare le tasse, mentre i lavoratori no. Il problema principale della Tobin Tax, è che può essere evitata semplicemente non investendo in Italia, per approdare in paesi fiscalmente più vantaggiosi. Quando fu proposta dall’economista e premio Nobel James Tobin, nel 1972, la globalizzazione era appena iniziata, e nascosta da mercati molto più regolamentati, appena dopo Bretton Woods. Allora nessuno sapeva che le previsioni di Carl Marx sulla finanziarizzazione dei mercati, si sarebbero avverate più velocemente del previsto. La Tobin Tax non fa investire in aziende italiane, ma chi difende il risparmio, la difende, perché non vede nella finanza, la soluzione dei problemi. Uno scontro tra due mondi.