Cina blocca criptovaute e Bitcoin soffre

La Cina ha richiamato le proprie banche per mettere uno stop definitivo alla criptovalute, causando una forte reazione sul mercato delle stesse che ha portato Bitcoin ed altre crypto a soffrire.

Bitcoin crolla sotto pressione della Cina

Non è certo una novità che il paese orientale detesti le criptovalute e quello che possono rappresentare per il sistema economico del paese: quello che forse non si aspettava però chi ha investito in Bitcoin è che questa notizia potesse portare ad una conferma di quello che sembra essere un brutto periodo per la moneta di Satoshi Nakamoto. Non si può non ricordare che la moneta digitale è al minimo da ormai due settimane, avendo perso circa il 20% negli ultimi 7 giorni e il 4% solo nella giornata di ieri e tutto proprio a causa della repressione messa in atto dalla Cina contro questo tipo di strumento finanziario. Anche Tether, che per un lungo periodo aveva guadagnato molto sul prezzo  è sceso sotto la soglia dei duemila dollari perdendo più del 5% della giornata di ieri ed un 22% complessivo nell’ultima settimana.

Le banche cinesi sono state richiamate all’ordine del corso di un meeting: tra di esse grandi nomi come quello della Industrial and Commercial Bank of China  e l’Agricultural Bank of China. Anche un sistema di pagamento come Alipay, fortemente radicato in Oriente , ha fatto sapere che si rifiuterà di aiutare i propri clienti a scambiare Bitcoin e altre criptovalute ora che il governo cinese ha sottolineato come la Banca Centrale Statale abbia inasprito ancora il divieto di scambio. Il problema è essenzialmente uno: il Governo è preoccupato dal fatto che nonostante un divieto posto nel 2013 alle banche cinesi e alle altre istituzioni, le criptovalute e in particolare il Bitcoin possano rappresentare un rischio molto grave per la stabilità finanziaria del paese.

Miner e investitori operano offshore

 

 

Non solo: Pechino sembra aver paura anche che gli utenti che posseggono criptovalute possano tentare di eludere i controlli. Va ripetuto che  la lotta contro le criptovalute di Pechino dura ormai da anni e anche che nel 2017 sia stato posto un ulteriore inasprimento delle leggi in merito.

Miner ed investitori si sono fatti però furbi e hanno spostato la loro attività in piattaforme offshore, eludendo in questo modo i controlli delle autorità: quello che sta avvenendo in queste ore però dimostra come la Cina non intenda che perdere la guerra contro le criptovalute: la Banca Centrale cinese sosteine che questa lotta continua sia necessaria per evitare che venga rotto l’ordine finanziario e si generino dei rischi legati ad attività criminali come il riciclaggio di denaro.