Il prezzo del petrolio vira al ribasso sui mercati asiatici, influenzato da tutta una serie di elementi geopolitici ed economici a partire dall’aumento dei pozzi attivi negli Stati Uniti: cosa è possibile prevedere al momento partendo dal suo attuale valore e procedendo con l’analisi della situazione?
Al momento il calo è stato limitato dalle tensioni geopolitiche americane nei confronti del nucleare dell’Iran “movimenti” che fanno sì che il light sweet crude (Wti) perda 29 cent a 70,41 dollari nei primi scambi elettronici in Asia seguito dal Brent con un calo di 47 cent a 76,65 dollari. Va detto che quando si parla di petrolio quel che accade nel mercato difficilmente smette di stupire: dopo la crisi del 2014 ed il crollo di 20 dollari dell’inizio del 2015 finalmente si rivede una risalita del greggio sostenuta che secondo gli analisti del settore potrebbe addirittura arrivare ai 100 dollari, un “limite” che per molti veniva considerato irraggiungibile.
Cosa dicono le previsioni degli esperti in tal merito? Una delle più valide analisi ci arriva da Tom Kloza, capo del servizio di informazioni sul petrolio (OPIS), lo stesso che aveva previsto il crollo vissuto dal petrolio nel 2015. Esso punta il dito sulle tensioni geopolitiche nello spiegare perché pensa che l’oro nero possa vivere un trend rialzista sostenuto, sia in caso di possibile attacco statunitense contro l’Iran, sia per via della produzione petrolifera venezielana. L’esperto pensa che il prossimo livello raggiunto sarà sugli 80 dollari al barile, soprattutto perché ad elementi che spingono il greggio verso l’altro non corrispondono eventi che possano ottenere l’effetto contrario.