I capi di Stato e di governo dell’Unione Europea riuniti a Bruxelles nel vertice anti-crisi, si sono detti contrari, Germania in testa, a un piano speciale di sostegno economico dei paesi dell’Europa dell’est, dichiarandosi comunque pronti a prendere in esame ogni caso singolarmente. La proposta che ha destato maggiori attriti all’interno della riunione è stata quella presentata dall’Ungheria, la quale ha richiesto un piano specifico da 160-190 miliardi di euro. I dati economici sui paesi dell’est Europa sono abbastanza evidenti e contribuiscono a rendere più cupo lo scenario finanziario globale. Credit Suisse ha proprio effettuato uno studio al riguardo, mettendo in luce come i paesi più vulnerabili all’attuale crisi si trovano in questa parte del mondo.
Bulgaria e Lituania prevedono di conseguire un deficit molto alto per quest’anno, quantificabile in una misura compresa tra il 15 e il 18% del prodotto interno lordo. Non stanno certo meglio Romania e Lettonia, per le quali è previsto un aumento del debito rilevante. Solo Ungheria, Polonia e Ucraina possono “vantare” percentuali migliori, ma sempre superiori ai parametri richiesti da Maastricht. C’è anche da sottolineare che non è solamente la situazione dei conti pubblici a preoccupare in questo senso, ma anche il fatto che questi paesi sono ancora troppo dipendenti dei contributi esteri per quanto riguarda la crescita del prodotto interno: tale “dipendenza” è stata poi accentuata dal crollo continuo delle varie valute nazionali (un caso emblematico è rappresentato dal fiorino ungherese).
Gli analisti economici sconsigliano vivamente di effettuare investimenti in società che sono quotate o che hanno a che fare con le borse dei paesi dell’est Europa. I titoli maggiormente a rischio sono dei nomi illustri della finanza: si va da Telecom, la quale ha importanti legami con Telekom Austria, a Renault, che deve il 20% delle proprie fatturazioni ai suoi ricavi nell’Europa orientale, ma anche Volkswagen e Peugeot investono in buona parte in questi paesi.
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