Amazon, che ha lanciato a Firenze lo shop dedicato al Made in Italy e lo ha fatto con un omaggio al Belpaese, quando ha annunciato, per bocca del manager Franois Nuyt, che “Made in Italy” è la locuzione più cercata sul motore di ricerca di Amazon, ha ancora molti guai da risolvere con il Fisco.
La scelta di dedicare a Firenze la vetrina dello spazio, così come il lancio dell’iniziativa, è stata legata al fatto che il capoluogo toscano, ha spiegato Nuyt, “è una bellissima città, dove la produzione artigianale ha una lunghissima tradizione”.
Tuttavia nel mezzo dell’iniziativa ha trovato spazio anche la tematica fiscale, già al centro di indagini da parte di Bruxelles su presunti aiuti di Stato in Lussemburgo. La società ha invece detto che dal primo maggio 2015 Amazon ha una partita Iva italiana e quindi paga in Italia le tasse sui ricavi generati dalle vendite sul mercato italiano. La domanda era stata rivolta dai giornalisti presenti a Nuyt, che non ha risposto, ma un portavoce ha successivamente detto che Amazon, con la partita Iva, paga le tasse in Italia. L’apertura della partita Iva, ha poi aggiunto, è legata a un cambiamento nella policy aziendale stabilito due anni fa: una misura analoga è stata adottata in Spagna, Uk, e Germania, e presto avverrà anche in Francia.
Notizie che, come accennato, arrivano proprio mentre l’Ocse denuncia che i mancati introiti in imposte sul reddito delle società, a livello mondiale, provocati dalle pratiche di elusione ed ottimizzazione fiscale “potrebbero essere tra il 4% e il 10% del gettito globale di queste imposte, ovvero tra i 100 e i 240 miliardi di dollari all’anno”.