Con una mossa forse un pò a sorpresa i libici della Lafico diventano il secondo azionista di Unicredit con il 4,2% della Banca, il cui titolo reagisce subito benissimo volando oltre il 10% in Borsa per poi ripiegare durante il corso della seduta. Come già successo negli anni 90′, perciò, il colonnello Gheddafi, dopo l’accordo con il Governo italiano per la questione coloniale, interviene per salvare un impresa italiana. Allora la Fiat, oberata dai debiti e vicino al collasso, e adesso Unicredit, il primo istituto bancario del paese, nella bufera per la la crisi e costretto ad una profonda ricapitalizzazione solo qualche giorno fa. La Banca centrale libica ha incrementato quindi dallo 0,9% al 4,23% la quota in Unicredit ed ha dato disponibilità a sottoscrivere i bond convertibili dell’aumento di capitale per un ammontare pari a 0,5 miliardi di euro.
L’amministratore delegato Profumo ha accolto con soddisfazione questo ingresso, anche se il suo posto sembra sempre più traballante e sono molti quelli che vedono, dietro all’ingresso di un socio fidato e che non si intromette troppo nelle questioni societarie, come dimostrato con Fiat, le grinfie del grande burattinaio, che non può non avere le sembianze di Geronzi, che ha con il colonnello libico Gheddafi, rapporti confidenziali fin dai primi tempi della Banca di Roma e che da tempo starebbe facendo un guerra sotterranea a Profumo. Lo stesso Berlusconi, secondo indiscrezioni attendibili, sembra sempre più propenso ad alleggerire il peso di Profumo, le cui idee politiche non sono certo vicine a quelle del cavaliere. Sono in molti a ritenere perciò che dietro alla speculazione di questi giorni sul titolo Unicredit si nasconda proprio questa battaglia intestina per il controllo della banca, che sembra sempre meno saldo nelle mani del suo attuale Ad. A seguito di questa notizia e per allegerire il peso del debito, poi, Unicredito avrebbe consegnato a Banca d’Italia 1,9 miliardi di euro in titoli di bassa qualità in cambio di contante erogato dalla Bce: la mossa è coerente con le intenzioni del recente decreto approvato dal governo. Parallelamente, però, aumentano le preoccupazioni sullo stato di salute di alcuni paesi dell’Est Europa. In termini di impieghi, il complesso dell’area orientale è, a fine giugno, 82 miliardi di euro su un totale di 598 miliardi di euro, il 14% del totale. 17 miliardi di euro sono relativi a paesi dell’ex Unione Sovietica.