Qualcuno, questo scandalo, dovrà pur pagarlo. E, spesso e volentieri, tocca a chi sta al vertice. Così, Martin Winterkorn non è più l’amministratore delegato di Volskwagen.
Il potente manager ha annunciato le dimissioni dalla casa tedesca dopo l’esplosione dello scandalo legato alla falsificazione dei test sulle emissioni, ma ha voluto ribadire la sua completa estraneità ai fatti. Anche il governo di Berlino nega di essere stata a conoscenza di violazioni delle norme, mentre tutto il mondo continua ad esprimere preoccupazione per l’accaduto e promette di prendere le dovute contromisure.
Le immediate scuse non sono quindi bastate a Winterkorn per restare in sella al gruppo che per il momento ha ammesso di avere in circolazione 11 milioni di auto ‘truccate’ per bluffare ai test sulle emissioni e far figurare, grazie alla sofisticata centralina, prestazioni di gran lunga migliori rispetto a quelle effettivamente messe in strada. Se negli Usa l’agenzia Epa ha parlato di circa 500mila auto coinvolte significa che c’è una buona fetta di vetture in giro per il mondo da verificare. E proprio in Europa si ha l’affezione maggiore dei clienti verso il diesel, motivo per cui il Vecchio continente rischia di rappresentare un gran problema per Volkswagen.
Proprio il ruolo di Winterkorn, che nella scorsa primavera aveva vinto la dura battaglia per la guida di Vw con Ferdinand Piech, è ora al centro dell’attenzione: d’altra parte il manager in sella alla casa tedesca dal 2007 è il responsabile del prodotto e il Consiglio di Sorveglianza di Wolfsburg sta cercando di appurare di cosa fosse effettivamente a conoscenza. La debacle del manager, però, colpisce anche gli azionisti che solo pochi mesi fa avevano definito Winterkorn il “miglior amministratore delegato possibile” di Volkswagen spiegando che sarebbe rimasto al suo posto, con “lo stesso vigore e successo”, anche dopo la fine 2016, quando il suo mandato sarebbe scaduto.