Crisi e piani anticrisi. Crescita dell’occupazione e del precariato. Tuttavia pare ci sia un settore dove il lavoro precario non sia una prerogativa. E’ quanto emerge dalla sedicesima edizione del Rapporto Abi 2008, sul mercato del lavoro nell’industria finanziaria, presentato ieri a Roma dal presidente dell’Abi, Corrado Faissola. Le banche italiane continuano a registrare una buona tenuta dei livelli occupazionali anche a fronte dell’andamento difficile dell’economia e dei mercati internazionali: nel 2007 si conferma un trend di crescita occupazionale dello 0,5%, rispetto al 2006, con i lavoratori che salgono a circa 345.000.
Lo stesso presidente dell’Abi ha affermato:
Di fronte alla congiuntura in corso è fondamentale continuare a conciliare le esigenze di competitività delle imprese bancarie con quelle dei lavoratori. Si tratta di un equilibrio più che mai necessario per un settore chiamato a confrontarsi a livello internazionale in termini di sviluppo costante del grado di efficienza e di crescita. Riuscire a farlo creando ‘buona occupazione’ senza alcuna ‘questione precariato’ al nostro interno, è una spinta in più.
La percentuale del totale occupati a tempo indeterminato é pari al 96%, per cui lo spazio lasciato all’apprendistato é minimo (+2% nel 2007) ma permane tuttavia un gap tra le banche italiane e i maggiori competitors europei a livello dei principali indicatori di costo. Alla fine dell’anno, rileva l’Abi, il costo unitario del lavoro per i principali gruppi bancari italiani e’ pari a 70.000 euro, superiore ancora di circa 10.000 euro rispetto alla media dei Paesi della Ue a 25. Sembra quindi, sempre secondo la stima, che i bancari siano ben pagati: il peso del costo del lavoro sui costi operativi complessivi e’ al 61,3%, suuperiore alla media Ue, che si attesta al 53%.
In uno scenario in cui vengono rimessi in discussione modelli di business che, estranei al nostro settore, hanno condotto alla attuale situazione globale – ha concluso Faissola – l’industria bancaria italiana è fortemente impegnata ad attenuare gli effetti della crisi sulla produzione e sulle imprese, quindi sulle famiglie. Decisiva, soprattutto in questa fase, si è rivelata la capacità di valorizzare il legame tradizionale con i clienti e il territorio.