Tagliare o non tagliare la produzione di petrolio? E’ questo l’interrogativo su cui hanno dibattuto a lungo i paesi produttori nel corso del 149° vertice dell’Opec, tenutosi il 9 settembre a Vienna. Alla fine, in barba alla volontà dell’Arabia Saudita di mantenere invariata la produzione, l’Opec ha optato per un taglio produttivo di 520 mila barili al giorno. Nonostante la decisione dell‘Opec, il petrolio non ha frenato la sua discesa e ieri a Londra il Brent è arrivato a 98 dollari mentre a New York il Wti è sceso a 102 dollari. Con il prezzo del petrolio che si aggira intorno ai 100 dollari al barile, 47 in meno rispetto al record di luglio, anche i prezzi dei carburanti dovrebbero adeguarsi e scendere proporzionalmente. Secondo Federconsumatori, che denuncia le continue speculazioni sui carburanti, i prezzi di benzina e gasolio dovrebbero attestarsi almeno ad 1,40 euro a litro, mentre attualmente essi sfiorano 1,48 euro a litro. A marzo, dati alla mano, il petrolio toccava 104 dollari al barile e il costo della benzina oscillava attorno a 1,36-1,38 euro a litro. Ma allora perchè oggi, nel nostro Paese, i prezzi dei carburanti non scendono insieme a quello del petrolio?
Sono diversi i fattori che determinano questa asimmetria dei prezzi. In primo luogo bisogna considerare la rivalutazione del dollaro sull’euro di circa il 6%. Il biglietto verde torna forte ed il cambio euro/dollaro scende a 1,3920. Questo sicuramente incide sul prezzo di benzina e gasolio ma non giustifica affatto un sovrapprezzo di circa 8 centesimi al litro. Un altro fattore, tutto italiano, che potrebbe contribuire all’andamento dei prezzi è la Robin Tax, varata dal nostro Governo per colpire gli elevati profitti delle compagnie petrolifere ma che potrebbe ripercuotersi sui consumatori. Le compagnie petrolifere, infatti, potrebbero trasferire i costi aggiuntivi della Robin Tax sui prezzi finali dei carburanti. Per adesso è solo un’ipotesi ma è bene non sottovalutarla. Infine, in Italia le accise sui carburanti sono molto alte e manca una vera liberalizzazione della rete distributiva. Dopo aver visto la situazione italiana diamo uno sguardo anche a quello che accade nel resto del mondo. L’Europa è il continente dove la banzina costa di più ed in particolare i Paesi più cari sono Olanda con 9,97 dollari a gallone (3,78 litri), la Norvegia con 9,95 dollari, la Danimarca con 9,29 dollari e la Finlandia con 9,27 dollari a gallone. Il paese europeo più economico è la Groenlandia con appena 3 dollari a gallone. Ai primi posti tra i paesi più economici del mondo ci sono il Venezuela, con 0,12 dollari per gallone e l’Iran, l’Arabia Saudita, l’Iraq e lo Yemen, con 0,41 dollari per galloni.
Per vostra infrmazione da noi in Canada il prezzo della benzina è sceso di più di 20 centesimi di dollaro (canadese) nelle ultime settimane(da C$1,50 a C$1,29) e si prevede che ritorni all’intorno di C$1 entro la fine dell’autunno.
C’è da tenere conto pero’ che il Canada è anche produttore (e raffinatore) di greggio. Qualche anno fa, quando le petroliere canadesi si rifiutarono di passare le “economie” sul prezzo del petrolio ai consumatori, i consumatori si organizzarono (via e-mail) e boiottarono Petrocanada, Shell e Esso comprando benzina da compagnie minori a prezzo inferiore. l boicotto organizzato duro’ solo pochi giorni, ma rappresento’ grosse perdite visto che ha riorientato molti clienti verso altre compagnie minori (Ultramar, Crevier)sensibilizzandoli alle pratiche delle grosse petroliere.
Da allora i prezzi variano sempre molto da una pompa all’altra, ma tutti, grandi e piccoli ora seguono più o meno il corso del greggio.