Promotori e sportelli bancari non fanno altro, in linea generale, che premere per la sottoscrizione di fondi, assicurando i risparmiatori che verrà loro almeno restituito il capitale inizialmente conferito. Com’è possibile questo? Esiste sempre una certezza matematica che almeno il denaro investito non vada perso?
Per rispondere a questa domanda occorre analizzare la struttura dei cosiddetti prodotti a capitale garantito.
Quando si sottoscrive un prodotto a capitale garantito in sostanza si compra una componente obbligazionaria (uno zero coupon bond) ed una azionaria. Nella maggior parte dei casi il rischio di insolvenza dell’emittente non viene assunto dall’intermediario che “costruisce” il prodotto, ma viene trasferito su un altro soggetto (una banca, una sim, una compagnia assicurativa) o, nella peggiore delle ipotesi, grava sul sottoscrittore. In quest’ultimo caso, se l’emittente dell’obbligazione fallisse, il risparmiatore vedrebbe seriamente compromessa la possibilita’ di recuperare il proprio capitale (eppur li chiamano prodotti a capitale garantito…). La componente azionaria e’ costituita da indici di borsa, singoli titoli azionari, strumenti derivati, o dai fondi azionari “della casa”, ovvero i fondi comuni stessi! Chiaramente la maggior parte dei risparmiatori non sono degli economisti e a volte potrebbero vedersi rifilare prodotti che da altri mai verrebbero acquistati!
Gli ultimissimi dati in proposito (Assogestioni) fanno emergere il pessimismo e la sfiducia verso gli investimenti. In percentuale il capitale totale di risparmio investito nei fondi nazionali è calato del 5,8%, attestandosi così a 570 miliardi di euro. I bilanci dei fondi esteri non sono ancora definitivi: i dati arriveranno a febbraio, ma, stando a quelli provvisori, registrano un aumento di 2,9 miliardi di euro e sono, quindi, più attrattivi di quelli italiani (difatti è in Italia che si verifica la situazione prima accennata, ovvero il rifilare prodotti di non sicuro successo allo scopo di aiutare il bilancio di questi intermediari e non, purtroppo, quello dei risparmiatori).