Royal Bank of Scotland Group Plc, la quale sta tentando di far fronte alla maggiore perdita nella storia economica britannica, si è impegnata a rendere disponibili 6 miliardi di sterline (8,7 miliardi di dollari) nei confronti dei prestatori del Regno Unito: dunque, il prestito bancario fa un altro passo verso il totale controllo governativo. In cambio delle garanzie del governo per le perdite causate dal debito e dalla crisi dei mutui subprime, la banca dovrà ora firmare un accordo col Tesoro al fine di stabilire quanto denaro intende dare in prestito e in che termini. RBS ha fatto sapere tramite i suoi portavoce di temere di diventare in tal modo una sorta di “cavia da laboratorio” e che l’accordo sui prestiti verrà effettuato solamente in termini commerciali. Tale accordo mette in risalto l’intervento più diretto che il governo britannico abbia mai attuato nella gestione di una banca.
La UK Shareholders Association, il gruppo che rappresenta gli investitori individuali e che aveva già definito il piano del primo ministro Gordon Brown come “nazionalismo strisciante“, ha così commentato la situazione:
L’intento del governo è quello di prendere il controllo totale del sistema, dettare le politiche dei prestiti, manovrare le banche e i loro assets.
RBS ha perso circa 1,3 pence alla borsa di Londra, chiudendo a quota 10,3 e valutando in tal modo il prestito ben 4 miliardi di sterline. C’è, tra l’altro, da sottolineare che il titolo dell’istituto creditizio ha perso ben 96 punti percentuali nell’ultimo anno. Moody’s Investors Service ha già provveduto a tagliare il rating di lungo termine di RBS.
Le banche che vorranno aderire al piano finanziario del governo da 100 miliardi di sterline devono dimostrare di volersi impegnare in maniera specifica e quantificata nell’ambito del prestito e verranno inoltre controllate dall’esterno, secondo quanto riferito dal Tesoro britannico: l’accordo prevede quindi una responsabilità reciproca, come ha voluto precisare lo stesso Brown.