Era addirittura dal 1932 (ai tempi della Grande Depressione e del New Deal) che le azioni americane non subivano una debacle come quella di questa settimana, il peggiore preambolo al Ringraziamento per l’indice Standard & Poor’s 500 da quasi ottanta anni appunto: inutile aggiungere che la crisi economica dell’eurozona l’ha fatta da padrona, con i policy makers americani che non sono riusciti a trovare un accordo sulla riduzione del budget federale. I peggiori cali sono stati quelli di Bank of America, di Hewlett-Packard e Caterpillar, con almeno 7,6 punti percentuali in meno, i quali fanno comunque riferimento al Dow Jones Industrial Average.
Riguardo all’indice precedente, invece, gli energetici hanno guidato senza dubbio questo declino, dato che il petrolio ha fatto registrare la seconda settimana consecutiva in negativo, con un colosso come Chevron capace di cedere il 5,7%. Entrando maggiormente nel dettaglio statistico, questi ultimi sette giorni sono stati contrassegnati da un calo di quasi il 5% (per la precisione il 4,7%), con la quotazione complessiva che si è attestata sui 1.158, 67 punti, uno dei livelli più bassi in assoluto dallo scorso 7 ottobre. Mediamente, poi, il Dow è calato anch’esso alla stessa maniera, perdendo il 4,8%. Se si considera l’intero mese di novembre, invece, si arriva al declino citato in precedenza, il -7,6% che non ha lasciato scampo a questo indice.
In pratica, il mercato non sta tentando di distinguere tra titolo azionario e titolo azionario in questo preciso momento storico, ma è maggiormente focalizzato sui fattori macroeconomici; la volatilità ha raggiunto ormai livelli insostenibili e, secondo la visione di alcuni analisti, questa piazza può essere rappresentata come una macchina che ha il piede puntato sul gas, ma che non sa dove andare. Un altro calo che è stato provocato da questo indice, una sorta di reazione a catena, è stato quello del Morgan Stanley Cyclical Index, con gli oltre sei punti percentuali in meno.
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