Continua l’autunno più complesso della geopolitca internazionale. E se Mario Draghi, governatore uscente della BCE richiede che gli Stati si rendano conto che serve “più Europa” per sopravvivere, si attende che la Fed americana ceda ancora ad ulteriore taglio dei tassi di interesse.
L’addio di Mario Draghi alla BCE
L’era di Christine Lagarde è ufficialmente cominciata con quella che è al contempo la positiva e complessa eredità lasciata da Mario Draghi il quale, salutando la sua carica alla Banca Centrale Europea, ha sottolineato ancora una volta come, dato che le politiche nazionali relative alla crescita “da sole non bastano” sia tempo di dare vita ad “una capacità di bilancio dell’Eurozona con delle dimensioni e con un meccanismo adeguato“. La tenuta della moneta unica è stata in grado di favorire l’occupazione. è necessario quindi, a livello economico, continuare a sostenere la solidità e l’inclusività del sistema. Avere, come ha sottolineato l’ex governatore, “più Europa, non meno“, soprattutto in un periodo nel quale nazionalismo e populismo stanno mettendo a dura prova non solo la tenuta economica degli Stati membri ma anche quella sociale.
Vi è bisogno, ha ripetuto Mario Draghi, di lavorare sulle politiche fiscali, visto che “la politica monetaria può ancora aggiungere suoi obiettivi, ma può farlo più in fretta e con meno effetti collaterali negativi” nel caso in cui le politiche fiscali fossero allineate.
Nuovo taglio dei tassi per la Fed
Intanto dall’altra parte del mondo gli investitori si aspettano che la Federal Reserve agisca, ancora una volta, in linea con le richieste del presidente Donald Trump che non ci pensa due volte ad attaccare l’istituto per l’ennesima volta tramite Twitter:
Se non abbassa i tassi e non stimola l’economia la Federal Reserve non fa il suo dovere. Guardatevi intorno, guardate ai nostri concorrenti nel mondo. La Germania e altri stanno veramente per essere agevolati nel prendere in prestito denaro. La Fed invece è stata troppo veloce nell’alzare i tassi e troppo lenta nel tagliarli!
Una visione senza dubbio limitata a livello economico che viene però appoggiata, indirettamente, da quelle che sono le decisioni della BCE in merito di politica monetaria, con una differenza sostanziale: gli Stati Uniti hanno vissuto il periodo di quantitative easing prima degli Europei, ed l’aumento dei tassi attaccato da Trump era la normale routine da applicare, tra l’altro con ottimi risultati fino a che la banca centrale statunitense non si è trovata a cedere alle pressioni.