Le ultime elaborazioni relative ai dati pubblicati dall’Istat non sono certo incoraggianti per quel che concerne l’ambito occupazionale delle fasce più giovani di età. In effetti, se si fa riferimento alla media annua dell’anno 2010, ci si accorge che i soggetti di età compresa tra i quindici e i ventiquattro anni che risultano essere dei lavoratori a tempo determinato hanno ormai raggiunto quasi la metà del totale degli occupati di questa fascia (per la precisione, la quota in questione si è fermata al 46,7%). In aggiunta, dato ancora più significativo, il contratto a tempo determinato sembra essere quasi uno sconosciuto per quei dipendenti che hanno un’età superiore ai trentacinque anni, visto che solo l’8% della fascia in questione può vantare una occupazione simile. Entrando maggiormente nel dettaglio statistico, poi, occorre sottolineare come vi siano altre tendenze di sicuro interesse.
Ad esempio, osservando tutte le fasce di età dell’Istat, si nota sicuramente l’impiego a tempo da parte di ben il 47% degli under 25, ma la percentuale tende a scendere di parecchio (si arriva fino al 18%) nell’ipotesi di coloro che hanno un’età non inferiore ai venticinque anni e non superiore ai trentacinque. La quota scende ulteriormente (addirittura fino all’8,3%) quando si esamina la situazione occupazionale dei soggetti di età compresa tra i trentacinque e i cinquantaquattro anni; il discorso, poi, diventa ancora più chiaro e lampante nello scenario che viene destinato agli over 55, una fascia d’età molto particolare, con il 6,3% del totale che può vantare un contratto a tempo determinato e quindi a tempo.
Questa forma di retribuzione consiste essenzialmente in una forma contrattuale che si rende necessaria in tre ipotesi specifiche: anzitutto, per l’assunzione di personale con professionalità diverse da quelle consuete che sono sfruttate all’interno dell’azienda, ma anche per raggiungere dei picchi produttivi e per sostituire dei lavoratori temporaneamente assenti (ragioni di carattere sostitutivo).
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