Tra il 1996 e il 2013 l’Italia, ha avuto i più bassi movimenti di crescita del Pil pro capite con solo il +2,1%, molto distante dai principali partners europei, quali Francia (+18%), Spagna (+24,5%), Germania (+25,4%) e Regno Unito (+31,9%). E molto distante anche riguardo ai Paesi dell’Est e del Nord Europa cresciuti a tassi che vanno dal +47,8% dell’Ungheria fino al +168% della Lituania. Lo afferma un’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio, contenuta nel rapporto “Fiscalità e crescita economica”. Dopo la pesante recessione del 2009, quasi tutte le economie avanzate hanno riavviato, anche se con qualche difficoltà, il processo di crescita bruscamente interrotto.
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Sicuramente le economie europee hanno dato prova di una più grande fragilità e una inferiore reattività allo shock ciclico per tornare sui ritmi pre-crisi in confronto, ad esempio, all’area nordamericana o agli emerging markets asiatici, e quindi è sicuramente vero che i problemi di crescita riguardino, nel globale, tutta l’Europa. Ma nel contesto europeo – spiega l’analisi di Confcommercio -, la difficoltà dell’ incapacità di tornare su un percorso di sviluppo rimane, purtroppo, una singolarità tutta italiana, creatasi già prima della recessione del 2008, che porta l’Italia lontano dalle altre principali economie dell’eurozona.
Nel giro di poco più di dieci anni, tra il 1996 ed il 2007, il reddito reale pro capite degli italiani è cresciuto complessivamente meno del 15%, circa cinque punti in meno di Francia e Germania, dieci punti in meno della media dell’eurozona, metà della crescita degli Usa e quasi due terzi in meno di quella del Regno Unito.