Jorgen Elmeskov, capo economista dell’Ocse (Organisation for Economic Co-operation and Development) presenta il dato negativo del pil italiano registrato per l’anno 2008 passando dallo 0,5% allo 0,1%. In ribasso anche le aspettative euro (all’1,7% di giugno all’1,2% di oggi) , con una Germania in completa recessione ridotta dall’1,9% all’1,5%, la Francia per suo conto perde lo 0,8 % passando dall’1,8% all’1%. La controtendenza degli Stati Uniti fa registrare un segno positivo salendo da 1,2% a 1,8%. Le cause della recessione sono varie, sottolineano i tecnici dell’Ocse nel rapporto intermedio sulle prospettive economiche dei Paesi dell’organizzazione, dal completo segno negativo del settore immobiliare alla continua crescita delle materie prime. Viene messa in luce una debolezza delle attività nei prossimi mesi fino alla fine dell’anno, ed i dati confermano un’immagine particolarmente incerta. Nell’analisi tecnica l’inflazione cresce e di pari passo la crescita dei prezzi in Italia cresce arrivando al 4,1%, stimati al 4,8% in linea con il tasso di inflazione dell’Europa. Il caro petrolio ha segnato (sempre per il mese di luglio) +22,5% e il +19,3% a giugno, i prezzi alimentari +7,2% , +6,5% a giugno.A giugno il tasso di inflazione registrato nell’area Ocse era stato inferiore rispetto a luglio: 4,4% annuo. Su base mensile invece a giugno i prezzi erano cresciuti dello 0,6%. A luglio nell’area euro i prezzi sono cresciuti del 4,1% su base annua mentre sono diminuiti dello 0,2% su base mensile. Negli Usa l’inflazione è al 5,6% mentre in Giappone è al 2,3%. Tra i maggiori Paesi aderenti all’Ocse c’è poi il Regno Unito dove i prezzi a luglio sono aumentati del 4,4%, la Francia (+3,6%), il Canada (+3,4%) e la Germania (+3,3%).
L’invito che viene fatto all’Italia e al resto dell’Europa, dal capo dell’Ocse, è a non utilizzare i cosidetti stimoli finanziari per rilanciare un economia sempre più malata e viziata da brevi periodi positivi e lunghissimi e tragici periodi negativi inflazionistici.
Il freno primario per non applicare degli stimoli fiscali è un deficit vicino al limite del 3%
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