Sul fatto che la grave situazione economica spagnola sia giunta ad un passo dalla recessione sembrano ormai d’accordo quasi tutti; economisti, politici, industriali, istituti di ricerca, mass media. Tutti tranne forse uno, il premier Zapatero, che fino a due mesi fa, cercava disperatamente di negare addirittura che il paese fosse in crisi economica. Ma è difficile negare l’evidenza e quindi alla fine anche lo stesso Zapatero si è dovuto inchinare ad ammettere che anche il suo paese era in crisi, aggiungendo pero che sicuramente le sue importanti misure in materia economica avrebbero portato miglioramenti già alla fine dell’anno (mentre fino ad ora la situazione sembra volgere sempre più al peggio). Ecco perché quando ieri il ministro dell’economia spagnola Pedro Solbes ha ammesso, in una intervista, che la Spagna potrebbe essere molto vicino alla recessione, sulla base di dati incontrovertibili, il premier ha pensato bene che era l’ora di richiamare all’ordine anche il suo illustre vicepresidente e di assumere le sue responsabilità in proprio.
D’ora in avanti la gestione della crisi dal punto di vista mediatico verrà presa direttamente dalla Moncloa, lasciando al povero Solbes solo la gestione puramente tecnica degli affari economici, in poche parole Zapatero ha deciso di mettere la sordina ad uno dei più ascoltati e credibili , anche a livello internazionale, ministri del suo esecutivo.
Il presidente si è finalmente accorto della gravità della situazione e cerca di correre ai ripari, ma il modo è quantomeno poco istituzionale
E’ stato il primo commento di un noto editorialista spagnolo. Il nuovo corso comunque è cominciato con una audizione al Congresso, su argomenti economici dello stesso premier. Secondo indiscrezioni molto vicine al ministro dell’economia, fra Solbes e Zapatero i rapporti sarebbero però piuttosto tesi da qualche mese e questo gesto sarebbe l’ennesima conferma di un clima non certo idilliaco fra i due. Ma d’altra parte il protagonismo di Zapatero si era già visto nella scorsa legislatura in tematiche come lo statuto catalano e la crisi con l’ETA. E visto come andarono le cose allora, molti a Madrid sperano ardentemente che in questo caso il risultato possa essere diverso.
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