L’unione tra Panasonic e Sanyo conferma l’interesse delle due aziende per lo sviluppo del commercio dell’energia solare

 Panasonic Corp., la più grande azienda al mondo per quanto riguarda la produzione di elettronica da consumo, tenterà di acquistare il controllo della Sanyo Electric Co. dai suoi principali azionisti. L’azienda giapponese lancerà a breve una proposta formale di acquisizione a Goldman Sachs Group Inc., Sumitomo Mitsui Banking Co. e Daiwa Securities SMBC Co.: l’indiscrezione è stata fatta da un dirigente della Panasonic che però ha preferito rimanere anonimo, dato che il piano non è stato ancora reso pubblico. Ed Rogers, direttore generale della società finanziaria Rogers Investment Advisors Y.K., si è così espresso al riguardo:

Non deve destare sorpresa il fatto che vi siano unioni di questo tipo, soprattutto alla luce della recente crisi economica.

 

Goldman Sachs e le due banche giapponesi detengono attualmente azioni privilegiate pari al 70% del totale di quelle della Sanyo, una delle principali aziende mondiali per la produzione di batterie ricaricabili. Le azioni privilegiate dovrebbero raggiungere una cifra superiore ai 6 miliardi di dollari, se dovessero essere convertite in azioni comuni al prezzo di chiusura di ieri del mercato (145 yen). La Panasonic avvierà le trattative per l’acquisto della partecipazione di maggioranza della Sanyo al fine di allargare i suoi affari nel commercio dell’energia solare: Hiroyuki Okamoto, uno dei portavoci della Sanyo, ha affermato di non avere ulteriori informazioni riguardo ai negoziati.

 

Per Warren Buffett non esiste crisi: 3 miliardi per General Electric mentre Berkshire Hathaway vola

 Per Warren Buffett non c’è crisi e le sue mosse delle ultime settimane fanno capire che è arrivato il momento di mettere mano al portafogli. La Berkshire Hathaway, la società di cui detiene una buona fetta del capitale, a giugno aveva 31,2 miliardi di dollari di liquidità nelle proprie casse, soldi in parte già investiti per approfittare degli ultimi ribassi dei mercati azionari. Di settimana in settimana infatti entrano nuove società nella lista di partecipazioni detenute da Berkshire Hathaway e il mercato sembra premiare l’attenta gestione degli investimenti promossa da Buffett. Niente titoli ad alto rischio, ma solo società dai solidi fondamentali. Ultime in ordine temporale Goldman Sachs e General Electric.
Ma andiamo con ordine. A marzo è stata acquistata Marmon Holdings per 4,5 miliardi di dollari; ad aprile Berkshire Hathaway ha fornito a Mars (quella degli snack) 6,5 miliardi di dollari per l’opa su Wm. Wrigley Jr (il primo produttore mondiale di gomme da masticare); a luglio invece è stato siglato un patto da 3 miliardi di dollari con Dow Chemical per l’acquisto di Rohm & Haas.

La rivincita delle banche giapponesi: a Mitsubishi il 20% di Morgan Stanley, a Nomura pezzi di Lehman. Goldman si accorda con Buffet

 Non si placa il flusso di notizie intorno a Morgan Stanley e Goldman Sachs. Le due banche d’affari sono di nuovo sotto i riflettori, dopo essere state protagoniste lunedì di un intervento della FED che le ha trasformate da banche d’affari in holding di banche. Il ciclone che la settimana scorsa ha travolto le banche d’affari americane potrebbe portare altri sconvolgimenti, ma se sette giorni fa si parlava di fallimento, adesso si parla solo di alleanze importanti con società giapponesi. Spunta poi il nome di Warren Buffet per Goldman Sachs.

La trasformazione di Goldman Sachs e Morgan Stanley da avvio ad una settimana divisa tra crisi finanziaria e dati macro

 La settimana appena conclusa è stata dominata dalle vicende del settore finanziario: prima la paura scatenata da Lehman ed AIG, poi l’annuncio del piano Paulson che ha permesso ai mercati di recuperare quanto perso nei giorni precedenti. Effetti positivi ampliati però anche dal divieto di vendita allo scoperto su più di 700 società quotate a New York e Londra. Vediamo adesso quali sono i temi che guideranno i mercati da oggi, mercati che in pochi si aspettano impostati ad un deciso rialzo. E’ una notizia di questa notte l’accordo tra FED, Goldman Sachs e Morgan Stanley per la trasformazione delle due banche d’affari in holding di banche in grado quindi da una parte di comprare partecipazioni in banche retail e dall’altra di avere accesso ai prestiti della Federal Reserve. Questa mossa garantirà alle due società un migliore accesso alle fonti di liquidità, ma segna la fine del modello di banca d’affari pura e semplice, troppo esposta ai costi di finanziamento. Goldman Sachs cercherà di aumentare la prorpia base di depositi sia tramite acquisizioni che per via organica, dando vita a GS Bank USA, in cui farà confluire asset per 150 miliardi di dollari. Morgan Stanley, sempre più vicina a Wachovia, si è limitata a dichiarare che grazie a questa trasformazione ci sarà più flessibilità e stabilità. Dal settore bancario USA sono attese novità in merito anche a Washington Mutual in quanto è possibile che un compratore si faccia avanti già entro questa settimana.

Lehman Brothers, Morgan Stanley, Goldman Sachs, il settore bancario americano di fronte alla crisi: cosa sta succedendo e come investire

 Questa settimana sicuramente passerà alla storia. Ci siamo svegliati lunedì con il fallimento di Lehman Brothers, mercoledì la FED ha acquisito il controllo di AIG e già entro sabato potrebbero esserci altre importanti novità. Il crollo del settore bancario a Wall Street avvenuto ieri infatti mostra con evidenza la sfiducia degli investitori nella stabilità del sistema finanziario. A guidare al ribasso il mercato sono state le ultime due banche d’affari rimaste indipendenti a New York: Morgan Stanley ha perso il 13%, Goldman Sachs ha perso l’ 8%. Nonostante entrambe le società abbiano pubblicato trimestrali sopra le attese e abbiano dimostrato che sono in grado di produrre utili (Goldman Sachs nell’ultimo trimestre ha avuto profitti per 825 milioni di dollari, Morgan Stanley 1,3 miliardi) resta la paura che nelle prossime settimane si trovino a fronteggiare crisi di liquidità. E’ per questo che sono iniziate a circolare voci di possibili fusioni con banche tradizionali, in grado di avere fonti di liquidità più solide. Le due banche d’affari continuano a negare questa possibilità difendendo il loro modello di business, ma il mercato non sembra credere alla loro capacità di continuare ad agire in modo indipendente. Si fanno sempre più insistenti i rumors su una possibile acquisizione di Morgan Stanley da parte del colosso inglese HBSC, oppure di una fusione tra la stessa Morgan Stanley e Wachovia.

AIG crolla in borsa sui timori per il fallimento. Downgrade di S&P e Moody’s

 Dopo il fallimento di Lehman Brothers continuano ad arrivare notizie preoccupanti dalla borsa di New York. Si complica infatti la situazione di AIG (American International Group), colpita da un downgrade di rating da parte di S&P e Moody’s. Il titolo ha perso a Wall Street il 61% del proprio valore, segno che alcuni investitori iniziano concretamente a temere il fallimento del colosso assicurativo. E intanto si corre ai ripari cercando liquidità. Ieri il governatore dello stato di New York ha dichiarato che ha concesso ad AIG di eseguire un’operazione di prestito ponte infragruppo: le società controllate presteranno ad AIG 20 miliardi di dollari. Anche questa però sembra solo una mossa temporanea.

Renato Brunetta punta alla privatizzazione di enti previdenziali e assicurativi

Il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta designa un nuovo piano industriale e ai sindacati parla chiaro: trasformare in S.p.a. alcuni rami della Pubblica Amministrazione. Entro 3-5 anni potranno essere recuperate risorse per 40 miliardi anche attraverso la dismissione di quote residue di patrimoni immobiliari, di strutture statali e delle attività non-core di fatto costituite in rami d’azienda improduttivi. Saranno trasformate in Spa (controllate però sempre dallo Stato) o in Agenzia degli enti economici, innanzitutto gli organi previdenziali e assicurativi. Questo è, secondo il ministro anche un modo per ovviare all’inefficienza del sistema, perché si sa, anche in passato la privatizzazione ha avuto lo scopo di rendere più organizzati e competitivi alcuni settori.

Ricordiamo ENI, di cui Goldman Sachs acquisì l’intero patrimonio immobiliare; Enel per la cui privatizzazione lo Stato ha incassato 56 miliardi di euro; ancora nel 1993 avvenne la privatizzazione del gruppo Sme, azienda pubblica controllata dall’IRI con una quota del 64%, quell’anno con la prima tranche della privatizzazione, relativa al settore surgelati e a quello dolciario del gruppo Sme, il gruppo svizzero Nestlé acquisì i marchi: Motta, Alemagna, La Cremeria.

Prysmian S.p.A approva bilancio, Risultato Operativo di Gruppo 508 milioni di euro

Prysmian S.p.A è la società a capo di un gruppo che nel 2005 ha acquisito le partecipazioni e le attività della Divisione Cavi e Sistemi di Pirelli & C. S.p.A. Tra i leader mondiali nel settore dei cavi, il gruppo è attivo nello sviluppo, nella progettazione, nella produzione, nella fornitura e nell’installazione di un’ampia gamma di cavi per le più varie applicazioni nel settore dell’energia e delle telecomunicazioni. Prysmian Cavi e Sistemi in Italia produce cavi e componenti che vengono impiegati: nella generazione, nel trasporto e nella distribuzione dell’energia elettrica; nell’equipaggiamento di macchine, navi, sistemi di sollevamento, materiale rotabile, utensili industriali ed elettrodomestici; nell’alimentazione e nel controllo di impianti industriali, linee ferroviarie, impianti petrolchimici e di estrazione, infrastrutture, piattaforme offshore. Prysmian è presente a livello mondiale con 54 stabilimenti e oltre 12.000 dipendenti distribuiti in 20 paesi.

L’assemblea degli azionisti di Prysmian, riunitosi ieri, ha approvato il bilancio d’esercizio 2007. Il Risultato Operativo di Gruppo ha raggiunto 508 milioni di euro, valore quasi doppio rispetto ai 258 milioni di euro del 2006 (+96,8%). Nel 2007 i Ricavi consolidati hanno raggiunto 5.118 milioni di euro, rispetto ai 5.007 milioni di euro del 2006. L’EBITDA si è attestato a 573 milioni di euro, con un incremento del 54,4% rispetto al 2006 e con un deciso balzo dell’incidenza sui ricavi, salita all’11,2% dal 7,4%.